carta canta vittoria

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Quando stacchi da uno di quei numerosi impieghi che oggi vanno tanto di moda e che ti costringono a passare quasi tutto il tempo su Internet, in genere la comunicazione digitale che prima faceva il bello e il cattivo tempo sul tuo umore e sulla tua vita passa in secondo piano, se non in terzo o peggio. Tutto quello che fa parte della dimensione oltre il browser torna ad assumere la valenza che è giusto che abbia, cioè parole che non è detto siano vere, che non è detto che significhino quello che rappresentano e, soprattutto, che può averle scritte chiunque al posto di chiunque altro. Nell’insieme tutto assume il peso specifico e la massa che un’entità virtuale è giusto che abbia. Si inizia così ad essere scettici nei confronti di un sistema che, al netto di un black out e una volta esauriti tutti i gruppi di continuità del mondo, si riduce a schermi neri. Le conversazioni online, gli interventi, le immagini, le battute, i video, le stories e tutto il resto non sembrano nemmeno componenti dello stesso pianeta delle voci, delle puzze dopo l’ora di ginnastica, dei significanti e dei significati in un dialogo, della rabbia e dello stupore e, persino, della minestra di riso in mensa. Quando leggo negli occhi di alcuni dei colleghi l’entusiasmo per il digitale come pillola del giorno dopo per la didattica e per la scuola provo quindi molta tenerezza e mi verrebbe da spiegargli che è davvero tutta una montatura. Ho una casella di posta, per dire, che ogni giorno si gonfia di mail inviate da mittenti automatici che mi danno consigli, mi presentano offerte, mi segnalano posizioni vacanti in aziende altisonanti e dai nomi che sembrano usciti da uno di quegli esperimenti linguistici di Munari, il tutto come retaggio della mia vita precedente. E, quando mi ritrovo solo, penso ancora a quanto di umano ci sia in tutta questa componente che sembra attivarsi solo quando accendo il pc o scorro velocemente lo smartphone e mi chiedo se, chi se ne occupa, sia consapevole della perdita di tempo che vi sta dietro, della scarsa attendibilità che si percepisce da tutto ciò e se gli investimenti di tempo e risorse dedicati a tali attività siano stati stanziati con la consapevolezza che sempre più, al resto del mondo non digitale, del mondo digitale non gliene frega un cazzo.

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