the others

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A bordo della mia auto che è vecchia come il cucco ho un autoradio che non è da meno. Si tratta di un dispositivo così obsoleto che legge appena i compact disc originali, quelli tarocchi o quelli con gli mp3. Ma siccome a casa non ho nemmeno più un masterizzatore per prepararmi le compilation, alla fine finisce che ascolto solo la radio, andando e tornando dal lavoro. Poi mi sono ricordato però che la mia collezione domestica comprende anche diversi cd originali – in verità non tantissimi – acquistati in quel fugace interregno durante il quale i vinili erano usciti fuori produzione e scaricare la musica illegalmente da Internet e con il peer to peer non era ancora una pratica in auge. Qualche giorno fa, tenendone uno in mano, mi sono sorpreso di come sia stato possibile aver pensato, anche solo per un istante, che della plasticaccia così esteticamente repellente potesse prendere il posto degli ellepì. Quanta ingenuità. Nonostante ciò i compact disc hanno l’unico merito di aver introdotto il vezzo delle ghost track, le tracce fantasma posizionate in coda alla riproduzione dell’album e accessibili solo al termine dell’ultimo brano indicato nell’elenco stampato sul leaflet. Una tecnica mai utilizzata su vinile, forse perché è più difficile occultare il solco che separa una canzone da quella successiva mentre nel cd alle linee di demarcazione dei settori ci si fa meno attenzione. Le tracce fantasma sono sempre una bella sorpresa. Quando pensi sia tutto finito ecco, all’improvviso, ritornare la vita, la musica al posto del silenzio come qualcosa di magico, di soprannaturale, un segnale dal regno dei suoni morti. O magari, come nel film “The Others”, sono loro le tracce vere in carne e ossa e noi solo degli ascoltatori incorporei.

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