Da quando la dematerializzazione ne ha sancito l’obsolescenza e quel tipo di supporto lì è uscito di produzione (credo che la stessa azienda che ne detiene il brevetto sia fallita o si dev’essere reinventata con un business completamente diverso) il sig. Gianni ha dovuto rinunciare alla sua collezione di sogni a occhi aperti. Stiamo parlando di una raccolta completa che partiva con il numero zero, una sorta di puntata pilota pubblicata quella volta che era tornato a casa dalla cena alla Trattoria dei Cacciatori a 12 anni con suo papà, una serata che aveva trascorso a giocare a flipper con una ragazzina che era rimasta tutto il tempo a lato a seguire stupita le sue prodezze mentre gli adulti si abbuffavano di cinghiale. Il sig. Gianni era riuscito a tenere botta da allora tutti i giorni per quarant’anni malgrado la deriva contenutistica delle uscite più recenti, d’altronde non si può pretendere continuità di alto livello alla creatività, anche le menti più geniali dopo un po’ non sanno come e dove attingere. La terza età stava infatti riducendo i confini dell’ispirazione del sig. Gianni a cose che persino gli archivisti della tv nazional-popolare e generalista avrebbero collocato nella categoria varietà e avanspettacolo. Ora, voi che non ne usufruite forse non potete comprendere la gravità della cosa. Il problema è che quel tipo di pellicola non la fanno più e addirittura oggi, con tutte le macchine dei sogni digitali in commercio, senza contare le modernissime mirrorless, nessuno sembra sufficientemente lucido da avvicinare la gravità della questione a paragoni catastrofici con altri fenomeni a partire dalla sparizione delle api, ma più di uno studioso è arciconvinto che se nessuno riesce più a sognare a occhi aperti la fine della nostra civiltà come la conosciamo è dietro l’angolo, e soprattutto non venite a dirlo a quelli come me che ancora acquistano vinile.