Con la competenza che ho maturato in ambito musicale e con i gusti raffinati che sfoggio qui e sui socialcosi mi vergogno un po’ a confessare qual è stato il mio primissimo amore. Da bambino impazzivo per il rock’n’roll ma quello vero. Quello di Bill Haley, di Chuck Berry e di Little Richards. Ma la passione per questo genere già vintage all’epoca – correvano i primi anni settanta – me l’avevano trasmessa i Kim & The Cadillacs, non chiedetemi perché. Avevo appreso i primi rudimenti di piano ma, quando ero solo in casa, mi atteggiavo a Jerry Lee Lewis. Avevo imparato a fare la linea di basso del rock’n’roll con la mano sinistra e a suonare l’accompagnamento con gli ottavi ripetuti con la destra, scoprendo che bastava sostituire l’accordo di quarta con la tonica minore settima per aver un effetto armonicamente coinvolgente. Ancora oggi non so resistere a quella rigida sequenza che poi altro non è che un blues accelerato. Non caso Marty McFly, quando accetta di eseguire ancora un brano sul palco dell’Incanto sotto il mare”, impartisce le sue istruzione alla band dicendo “Ok ragazzi questo è un blues con il riff in si perciò occhio agli accordi e statemi dietro. Ok?”. Non escludo quindi che ritornerò alla prima cotta, quando sarò ancora più vecchio di adesso. La fiamma mi si è riaccesa qualche sera fa quando sul primo hanno passato uno dei più sinceri interpreti del rock’n’roll di casa nostra, che risponde al nome di – non ridete, per cortesia – Little Tony. C’è poco da scherzare. Ma non è qui che volevo arrivare, perché poi, diventato grande e in quota punk e dintorni, mi divertivo tantissimo con gli Stray Cats. Da non credere, vero?