Le sedute di riabilitazione a un anziano malato di Alzheimer sono faticose per i parenti che assistono. Per i pazienti è un fattore difficile da calcolare perché non tutti sono in grado di condividere ciò che provano. Per Francesca, che fa la fisioterapista, questa volta c’è un duplice coinvolgimento. Alla carica emotiva dovuta alla vicinanza del mistero di un male così radicato in profondità di un essere umano si aggiunge un aspetto personale. Il paziente è lo zio, ora ottantenne, del ragazzo che tutti davamo per scontato diventasse suo marito, da come si erano messe le cose. Si erano conosciuti grazie all’Eneide. Gerardo aveva diffuso la notizia che si sarebbe liberato dei libri di seconda e Francesca lo aveva contattato a ridosso dell’inizio della scuola per l’unico testo che le mancava. Francesca pretendeva che lo sconto del 50% dovesse essere applicato sul prezzo di copertina ma l’edizione del poema di Virgilio su cui aveva studiato Gerardo era stata acquistata nuova quando la sorella, quasi dieci anni prima, aveva percorso la stessa carriera scolastica del fratello minore per cui, venduto alla metà, risultava un prezzo risibile. Poi Gerardo aveva riempito di frasi tratte da canzoni dei tempi e di bandiere colorate con gli evidenziatori gli spazi bianchi dei margini intorno ai versi tradotti dal latino, ma di questo Francesca non ne aveva fatto cenno. A Gerardo però era stato riferito che questa Francesca, appena promossa alla seconda, fosse molto carina e allo stesso tempo semplice. Usava un lucidalabbra glitterato ma, per il resto, non era per nulla appariscente. Così il primo settembre di trentacinque anni fa Gerardo aveva cercato di dare un’idea di sé più seria del solito per presentarsi all’appuntamento con Francesca e consegnarle la sua copia dell’Eneide. Ma poi è successo che l’antica fiamma, riconosciuta immediatamente, si è spenta in un modo tragico che preferirei non raccontare, se non vi spiace. Al momento godetevi la storia finché è bella, sino a qui.