Non so se, come me, siete intervenuti nel dibattito che ha coinvolto il giornalista di quel quotidiano nazionale (uno dei più venduti, peraltro) che ha messo la bandiera della Germania sul suo profilo intanto perché è in vacanza in Germania e da lì ha voluto dare una bella lezione a quelli che si fanno belli con il tricolore dopo il nome, come se bastasse un vezzo da social network a sancire il merito di una cittadinanza o l’orgoglio di un’appartenenza al territorio. Concordo con lui. Con il giornalista, intendo.
Se appartenete invece a quell’altra categoria, quelli a cui basta un’effigie verde-bianco-rossa per dare aria alla bocca con sentenze razziste, siete proprio dei perfetti stolti. Ma non ve l’hanno insegnato a scuola che la bandiera ad accompagnamento del nick serve esclusivamente per comunicare ai vostri seguaci il luogo in cui state trascorrendo le ferie, quando vi trovate al di fuori dei confini nazionali?
Ma attenzione. Siete ancora in tempo a mettervi in regola con la normativa prima di cadere vittime dell’operazione di data cleansing con cui la multinazionale dei messaggi laconici sbatte fuori dai giochi i profili dichiarati inappropriati, una sacrosanta operazione di ostracismo virtuale messa in atto a cadenza quindicinale. In occasione del prossimo repulisti saranno presi di mira proprio i vessilli adoperati in questo modo poco consono alle linee guida corporate. Cosa state aspettando? Correte subito a modificare il vostro nome cancellando la bandiera.
Per completezza di informazione è giusto ricordare che il nostro amico giornalista, protagonista di questa querelle, ha dichiarato che al suo rientro in Italia riprenderà a professare la sua nazionalità neutra sul web per non essere confuso con questa sottospecie di patrioti da operetta. Andate a leggervi l’articolo.