Ieri pomeriggio sono stato testimone di una conversazione tra due ventenni o giù di lì che cercavano di impressionare, con le loro tesi, una ragazza piuttosto carina e più o meno coetanea. Discutevano di alcune scelte architettoniche che hanno trasformato la città di Londra negli ultimi anni sostenendo che Renzo Piano fosse un coglione – testuali parole – e ricercando e scorrendo panorami e foto della capitale inglese sull’iPhone di proprietà del più presuntuoso dei due a sostegno delle loro teorie. Mettevano in relazione le superfici e i volumi di edifici londinesi più antichi con Saint Giles Court o il News Building dandosi reciprocamente ragione e accompagnando quella loro improvvisata performance da piazzisti con plateali gesti da imbonitori televisivi, a un volume di voce al quale era impossibile sottrarsi.
Ci trovavamo su un mezzo pubblico nei pressi del Politecnico e questo mi ha fatto supporre che si trattasse nient’altro che un gruppetto di studenti un po’ pieni di sé nel bel mezzo di una delle solite commedie che mettono in scena i giovani per impressionare e portarsi a letto la persona di interesse. Chi frequenta lezioni di materie umanistiche si gonfia il petto con Baudelaire e Rimbaud per rimediare un po’ di piacere carnale, i chimici probabilmente girano con la tavola degli elementi per correlare quello che vedono con qualche formula e provocare reazioni nell’altro (o nello stesso) stesso, gli ingegneri studiano le interferenze nelle possibili posizioni, i matematici contano su altri aspetti difficili da immaginare se, come me, non avete i numeri e così via.
Per questo è riduttivo denigrare l’oggettiva bellezza dell’opera di un maestro come Renzo Piano a colpi di boria post-adolescenziale solo per rimediare una limonata o qualche servizietto reciproco ma noi navigati cinquantenni siamo oramai distanti dalla forma mentis dei giovani. Avrei voluto prenderli a schiaffi come meritavano. Conta però anche il fatto, probabilmente, che un mostro sacro come Renzo Piano, ingombrante quanto le sue opere, occupi troppo spazio (e non solo architettonicamente) per dei neo-laureati pronti a riempire il mondo con le loro opere e a lasciare un analogo segno nel lungo periodo. Nel breve, però, è giusto che si debbano accontentare di cose così.