non togliertelo dalla testa

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[questo articolo è uscito su loudd.it]

Questa storia, una storia personale che sta dietro a “In my head” dei QOTSA, ha un risvolto amaro ed è un peccato perché, per come è stato inventato, il rock non dovrebbe far soffrire. Quando lo fa è perché ci lancia dei segnali di soccorso nella voce di chi canta, segnali che noi rockettari siamo pronti a cogliere e ad adattare alla nostra esperienza, alla nostra vita. Questo è uno dei motivi per cui con il rock ci sono possibilità di diventare universalmente conosciuti in quanto interpreti di sentimenti condivisi e, aspetto a volte collaterale, di fare i soldi.

Poi la sofferenza degli artisti si spinge a punti in cui si fa senza speranza e, chi canta o suona, capita che muoia. Ed ecco perché, raggiunta questa dimensione, il rock, che è espressione pulsante della vita, altrettanto pulsante, fa soffrire. Nel paradiso (perché per il popolo del rock non può essere che così, non me ne vogliano i metallari satanisti) ci sono i nostri idoli che, precocemente o meno, per malattia o per propria scelta, sono passati a miglior vita (per loro) rendendo la nostra di qualche tacca peggiore. Nel paradiso del rock ci sono frontman che sono entrati nella leggenda e camminano insieme a noi stampati sulle nostre magliette, e turnisti che hanno fatto la loro parte contribuendo affinché qualcun altro lo diventasse e che capita di sapere chi sono per caso, come è successo a me per Natasha Shneider.

Ho scoperto Natalia Mikhailovna Schneiderman, o come si faceva chiamare in USA Natasha Shneider, per pura combinazione. “In my head” è la mia canzone preferita dei QOTSA, band che non rientra tra le mie venti preferite ma che comunque mi sta simpatica, soprattutto per la presenza di Josh Homme, personaggio che su di me suscita un interesse che non saprei spiegare (a parte quando prende a calci i fotografi sotto il palco durante i suoi concerti).

“In my head”, oltre a essere un gran bel pezzo di rock’n’roll, è il secondo singolo tratto da “Lullabies to Paralyze”, album uscito nel 2005 e che ritengo complessivamente il più interessante dei QOTSA, insieme a “Villains” del 2017. Qual è il link tra “In my head” e Natasha Shneider?

Natasha Shneider era la tastierista/cantante di una band chiamata Eleven e ha collaborato con Josh Homme nel suo progetto delle “Desert Sessions”, l’iniziativa intorno alla quale si è raccolto un gruppo di musicisti e ospiti vari per dare vita alla pubblicazione di dieci dischi, tra il 1997 e il 2003. Anche “In my head” è un brano frutto delle “Desert Sessions”, compare infatti nel volume n. 10 con il titolo “In My Head Or Something”, qui trovate la versione originale.

Natasha Shneider ha inoltre partecipato al tour live successivo alla pubblicazione di “Lullabies to Paralyze” come tastierista e vocalist dei Queens of the Stone Age, almeno fino quando, dalla sua lotta contro il cancro, ne è uscita sconfitta. Il 2 luglio del 2008 l’annuncio della scomparsa di Natasha Shneider è stato dato anche sull’home page del sito dei QOTSA e, poco più di un mese dopo, la band di Josh Homme ha organizzato un concerto a Los Angeles con numerosi artisti, i cui proventi sono stati devoluti per contribuire alla copertura delle spese dovute alla sua malattia.

Ho scoperto tutto questo – e la storia di Natasha Shneider – però molto tempo dopo. Cercavo su Youtube una versione di “In my head” dal vivo per verificare la portata rock di una canzone che mi piace tantissimo eseguita live e ho trovato il video che vedete qui sotto. Oltre al pezzo, sono rimasto subito colpito da Natasha Shneider dietro alle tastiere, dalla sua presenza sul palco, dalla sua bellezza (anche se non sono più ufficialmente un tastierista non ho perso l’interesse per gli ex colleghi) e mi sono precipitato a cercare tutte le informazioni che ho riassunto qui.

Da allora “In my head” dei Queens of the Stone Age mi è entrata ancora più nella testa, tanto che provo il bisogno di riascoltarla con una certa continuità soprattutto in questa versione live per soffermarmi nel punto in cui Natasha Shneider dietro alle tastiere inizia a ripetere, come un mantra, il ritornello:

“I keep on playing our favorite song
I turn it up while you’re gone
It’s all I’ve got when you’re in my head
When you’re in my head, so I need it”

Ed è lì che mi viene da chiederle di suonarla ancora, questa nostra canzone preferita.