Gli argomenti di conversazioni della gente, in questo periodo, virano inevitabilmente su cose inerenti le ferie. A me il modo in cui le ferie (intese come periodo stipendiato di assenza dal lavoro da trascorrere in località diversa da quella di residenza) occupano la testa delle persone mi fa sempre riflettere. Lo so che è scontato ed è ingenuo, da parte mia, sorprendermi sul fatto che – a parte qualche malato di mente – tutti noi non vediamo l’ora di mettere l’auto-risponditore e mandare temporaneamente a quel paese tutto e tutti. Riposarsi è meglio che faticare, eppure sembra che la storia dell’umanità sia concentrata sull’aumentare la fatica dell’uomo. Sicuramente ci spezziamo di meno la schiena dei nostri avi dietro ad aratri e a colate continue, su questo non ci piove. Eppure, da come girano le cose e a parte certe cretinate sulla decrescita felice, tutto fa credere il contrario: orari sempre più estesi, contratti sempre più farlocchi, salari sempre più risibili, per un complessivo stress globale e senza soluzioni di continuità che, comunque, a suo modo logora la gente del duemila, aumenta le preoccupazioni, peggiora la qualità della vita, fa girare i maroni come non mai.
Negli stralci delle chiacchierate del lunedì mattina spiccano passaggi ricorrenti come “il giro delle isolette greche”, e se la domenica precedente qualcuno si è sottoposto invece al giro della periferia nord milanese (non che quella riconducibile agli altri punti cardinali sia più affascinante) il contrasto infastidisce più di una interferenza meccanica in un impianto di automazione industriale. Certi aspetti sono comunque paragonabili: anche nei quartieri della città metropolitana di pomeriggio non si vede nessuno in giro, il sole spacca le pietre, sopraggiunge spessissimo la voglia di buttarsi in acqua. Però, riaperti gli occhi (e se si sta guidando è comunque una reazione che può salvarti la vita) non è difficile realizzare che la similitudine non regge.
Poi viene la sera, come sempre e indipendentemente dal luogo, per fortuna, e si odono gli echi dei cinema all’aperto che, qui nell’hinterland, sono espedienti per dare in pasto alle zanzare gli anziani e i poveri che non si possono permettere una seconda casa in cui trascorrere i mesi caldi precedenti alle ferie di famiglia vere e proprie, quelle del giro delle isolette greche, per intenderci.
Io, che sono sia anziano che povero, sono fresco reduce da una di queste esperienze. Un quartierone di una cooperativa edilizia locale che è molto attiva per animare la calma piatta del posto. Ieri sera hanno proiettato un discreto film svedese sui temi della convivenza con le nuove famiglie di stranieri e lo spettacolo è stato preceduto dall’esibizione di un duo musicale chitarra e voce che ha eseguito un repertorio inutilmente commerciale e che ha visto, come unica canzone in italiano, “Domenica bestiale” di Concato, pezzo che mi ha fatto venire da vomitare, come sempre.