al posto mio

Standard

Il problema di Windows 10 è che non passa giorno che non ti tenga in scacco con i suoi pallosissimi (nel senso delle palline che girano in tondo con l’avviso di attendere) aggiornamenti. Ma il guaio non è tanto che in quei frangenti non si possa lavorare. Se mi trovo in ufficio, riposarmi per qualche minuto non mi dispiace. Fermarmi per il tempo necessario a un riavvio fa bene, a meno che non debba dedicarmi a qualcosa di urgente. Il problema è che lo schermo del mio portatile diventa tutto nero e lucido e così riesco a vedermi riflesso con i capelli grigi e gli occhiali da vista e penso chi possa essere quell’anziano impiegato che fa capolino lì dentro e che rapporto abbia con il giovane entusiasta digitale che usa il pc e Internet qui fuori. Io e lui ci guardiamo negli occhi per qualche secondo, a volte anche qualche minuto con punte di un quarto d’ora abbondante nei casi più disperati per entrambi finché il sistema non si riavvia e torno a essere da solo con una password da reinserire e, premuto invio, mi chiedo quando rivedrò quella specie di alter ego (peraltro incredibilmente somigliante a mio papà) e se magari, come quella famosa storia che conosciamo tutti, non sia vittima di un incantesimo lì dentro per il quale è costretto a invecchiare al posto mio.