Si chiama proprio “Il supplente” ed è la nuova trasmissione in onda il mercoledì sera alle 21:45 circa su Rai Due. La formula è intrigante: un personaggio famoso va a sostituire un professore delle superiori per qualche ora di lezione. La classe è all’oscuro di chi salirà in cattedra. Sanno che quel giorno verranno effettuate delle riprese ma sono convinti che dovranno sottoporsi a una lezione ordinaria. Poi la mattina stessa un commesso avvisa che il prof non ci sarà e che, di lì a breve, arriverà un sostituto.
Al momento, siamo solo alla seconda puntata, si sono susseguiti alcuni volti noti della tv: Roberto Saviano, Mara Maionchi, J-Ax ed Enrico Mentana. Le classi a cui sono stati assegnati sono abbastanza pertinenti: a Saviano un liceo classico di Maddaloni, Mentana in una quinta del Virgilio di Roma, Mara Maionchi e J-Ax invece a istituti – per dirla alla Michele Serra – più proletari, rispettivamente un linguistico e un tecnico informatico milanesi. Stesso discorso per gli argomenti delle lezioni: Saviano e Mentana storia, Maionchi inglese e J-Ax informatica. I supplenti irrompono in classe tra la sorpresa dei ragazzi dopo un brief di partenza con il docente che descrive gli alunni che si troveranno di fronte.
Appena entrati, i supplenti fanno l’appello e familiarizzano con la classe, quindi ne interrogano un paio per poi sviluppare, attraverso una lezione collaborativa, un tema interdisciplinare tra la materia in questione, le esperienze dirette dei ragazzi e quelle del supplente, il tutto attraverso contenuti di vario genere. Saviano si è soffermato sulla liberalizzazione delle droghe leggere, Maionchi sul talento, J-Ax ha riportato la sua esperienza diretta sul bullismo e Mentana ha cercato di tirare fuori le passioni dei ragazzi.
L’esperimento restituisce una visione di classe capovolta, nel senso che i veri protagonisti sono gli alunni. A loro va infatti il merito di completare i temi delle lezioni con curiosità ed entusiasmo, di scardinare i luoghi comuni con cui ci immaginiamo possano interagire con il vip in cattedra e di restituire un quadro delle nuove generazioni molto differente da come le cronache e la nostra esperienza diretta contribuiscono a dipingere. Un aspetto che ovviamente va preso con le dovute distanze, considerando gli effetti del montaggio e del fatto che, a priori, la selezione delle classi da coinvolgere sarà stata fatta meticolosamente ai fini della riuscita del programma.
Una seconda considerazione riguarda i vip. Il programma, al momento, ci sta mostrando che non sempre l’essere un personaggio conosciuto permette di gestire una classe allo stesso modo in cui, nei rispettivi programmi tv, i vip gestiscono il pubblico, i tempi televisivi e hanno il polso della situazione. Nella prima puntata abbiamo notato l’ottimo feeling tra Saviano e i suoi alunni e l’autorevolezza di Mara Maionchi grazie al modo in cui è rimasta se stessa e tale e quale la vediamo in tv. Nell’episodio di ieri, invece, J-Ax è stato più volte colto dalla camera a leggere quel che doveva dire sul finto registro che si portano in classe e, in alcuni casi, ha sopravvalutato la sua fama che, probabilmente, nelle generazioni più giovani – che hanno spostato il loro focus dal rap alla trap – è ormai diminuita.
Anche la lezione di Mentana al Virgilio (uno dei licei classici più blasonati della capitale) non è stata particolarmente fluida, un po’ a causa dell’approccio presuntuoso dei ragazzi (perfettamente in linea con i loro nomi altisonanti), un po’ di Mentana stesso, a tratti troppo ingessato e sulle sue e, soprattutto, di un prof positivamente ingombrante, di quelli che non si fanno oscurare nemmeno da una star dell’informazione come il direttore del tg de La7.
E benché ci siano principalmente i ragazzi al centro de “Il supplente”, anche se a volte durante la visione è facile cogliere la finta realtà televisiva, quella che si manifesta quando si cerca di rendere forzosamente reale una finzione, fino ad ora gli insegnanti sono stati le vere star del programma. Sempre preparatissimi, adorati dagli studenti, poco propensi a farsi schiacciare dalla visibilità dell’ospite di turno pur stando al gioco con la massima umiltà e, soprattutto, controparte in carne ed ossa di un mondo fatto di immagine, autoreferenzialità, ego inutilmente smisurati, parole digitalizzate, post-produzione televisiva, canzonette da una botta e via e tutto quello che, da sempre, siamo abituati a considerare la componente principale e condivisa delle nostre esistenze.