Un vero scrittore scrive a seconda di quello che sta leggendo. Io, anche se non lo sono, non sono vero, intendo, faccio più o meno lo stesso. Il problema si pone quando leggo racconti di vite piuttosto disordinate quando invece la mia, fortunatamente, è straordinariamente ordinaria. Mi verrebbe così voglia di mettere un annuncio da qualche parte del tipo:
AAA cercasi persone dall’esistenza disordinata disponibili a condividere le loro quotidianità (che, in teoria, dovrebbero essere differenti giorno per giorno) per essere ingaggiati in qualità di protagonisti dei racconti di uno scrittore alle prime armi e, soprattutto, non vero, nel senso di non vero scrittore, non “non vero” nel senso di irreale.
Così ho deciso proprio in questo preciso istante che l’annuncio che ho scritto sopra sia un annuncio valido a tutti gli effetti. La caccia è aperta. In particolare, mi piacerebbe venire a contatto con storie di persone che hanno fatto cose che non ho fatto io. Gente che fino ai quaranta vaga di casa condivisa in casa condivisa, di lavoro indefinito in lavoro indefinito, di storia d’amore irrisolta in storia d’amore irrisolta.
E mi piacerebbe in qualche modo mescolare uno di questi risultati con la triste vicenda di Andrea, quel giovane con cui avevo fatto amicizia perché somigliava tantissimo a Ennio anche se lo stupore di essermi imbattuto in un bassista come Ennio così abile e, in più, con un ciuffo new wave, il naso a punta e il dolcevita nero non potrà mai trovare eguali nel registro delle mie esperienze finché campo. Non vi è mai successo di legare con persone solo perché vi ricordano altre persone a cui siete già legati?
Io e Andrea condividevamo, per pura fatalità, l’amicizia con Paolino, anche se Andrea viveva in un’altra città rispetto a me e Paolino. A volte la vita risulta indecifrabile. Poi è successo che Andrea è mancato per una malattia incurabile e non aveva nemmeno venticinque anni, e da quando Paolino me lo ha detto sto attento a non salire le scale nel modo in cui lo faceva Andrea, tenendo il busto inclinato in avanti e le braccia lungo il corpo, e cerco di non imitare più quel suo tic con il quale parlando emetteva dei versi strani, come delle pernacchiette.