Ho scoperto che ci sono divertimenti per i giovani d’oggi che sono riproduzioni fedeli dei divertimenti dei giovani di qualche tempo fa, che è diverso da dire che sono gli stessi divertimenti che si sono imposti sull’impietoso oblio a cui molti dei divertimenti di quando eravamo piccoli noi cinquantenni di oggi sono stati condannati. Vi faccio un esempio. Chi si comprerebbe lo “Slaim” (o, in lingua originale, “Slime”), quella schifezza puzzolente chiusa nell’inconfondibile barattolo in plastica dalle sembianze di un bidone della spazzatura che solo a ricordarne l’odore mi viene a vomitare ancora oggi? Ma la retromania, che è quel fruttuoso fenomeno commerciale per cui si spingono gli adulti ad acquistare cose che ritengono interessanti per i propri figli ma solo perché si tratta di cose che erano in auge quanto gli adulti avevano l’età dei loro figli, convincendo gli adulti che i loro figli si divertiranno un mondo ma in realtà l’induzione all’acquisto è messa in atto solo a soddisfacimento del proprio ego, mica per i propri figli, non so se è chiaro. Dicevo che la retromania in realtà giustifica la messa in commercio di copie di cose che andavano un tempo rivisitate in chiave attuale ma che, a parte qualche linea di design, sono la versione duemila e rotti dell’originale. Esatto, proprio come il Nokia 3310 o le Nike sa il cazzo che modello o la Fiat 500 o il gelato Winner Taco.
Qualche sera fa ero in un locale molto carino di Milano in cui un nutrito gruppo di ventenni o giù di lì ci dava dentro con il karaoke e già, siamo proprio nel 2018. Cosa spinga i post-millennials a cimentarsi con un divertimento della primissima era digitale non ci è dato conoscere. Potrei però definire quella versione del karaoke a cui ho parzialmente assistito (il divertimento era dentro il locale, io stavo fuori con la birra in mano a chiacchierare con alcuni amici) una sorta di karaoke aumentato perché i pezzi che i ventenni o giù di lì sceglievano (cantavano quasi sempre in gruppo, probabilmente consapevoli che nel branco l’imbarazzo si stemperi) erano canzoni che, quando esisteva il karaoke vero e proprio, non facevano certo parte del repertorio. Una su tutte “Rock’n’Roll” dei Led Zeppelin e, soprattutto, “Acido Acida” dei Prozac+. C’era proprio una versione corale di “Acido Acida” dei Prozac+ a un volume vergognoso mentre ero in coda per prendere la birra. Mi è passata davanti un’amica a cui ho chiesto cosa bevesse, per avere un’alternativa alla birra, non sono molto competente sui cocktail, e lei mia ha risposto “Anal”. A me non verrebbe mai in mente di abbreviare analcolico con anal. Comunque il punto è che poi, tornato a casa molto presto da quella serata, il giorno dopo mi aspettava una levataccia, ho letto su un sito di news musicali che i Prozac+ festeggeranno a breve i vent’anni di “Acido Acida” con due concerti. Una reunion a tutti gli effetti da cui sicuramente scaturirà l’ennesima operazione commerciale di retromania, per quella definizione che ne ho dato prima. Così ho pensato che c’è posto per tutti, in questo mondo, ma se continuiamo di questo passo prima o poi le risorse si consumeranno tutte e dovremmo trovare delle alternative.