Papà da una parte, la mamma dall’altra, la bimba in mezzo aggrappata alle mani di entrambi, i genitori contano uno due tre e oplà, tirano su le braccia e la bambina salta in avanti. Da dietro riesco a riconoscere nelle loro ombre lunghe del tardo pomeriggio – è probabilmente il primo sole di primavera – una scena di gioco e di amore che si tramanda di generazione in generazione dalla notte dei tempi. È bello pensare che gli uomini primitivi, i sumeri, gli egizi, i greci (forse era una pratica in uso più ad Atene che a Sparta), gli antichi romani, persino i protagonisti delle invasioni barbariche, nella civiltà più cupa del medioevo, poi durante l’umanesimo e il rinascimento e contemporaneamente nelle americhe pre-colombiane, nei secoli successivi che ci hanno dato rivoluzioni epocali e anche durante guerre eterne che ci hanno ritagliato questa comoda contemporaneità tutta per noi, lungo tutti questi millenni di storia madri e padri hanno fatto saltare camminando i loro figli per la gioia di tutti. Quella dei figli di sentirsi sicuri a sfidare una legge fisica che per loro è ancora solo un gioco. Quella dei genitori di vedere i figli ridere, perché la risata dei propri figli ha un dono inspiegabile e magari è proprio quella il motore immobile che haacceso tutto questo, dopo un oplà e un salto in avanti in mezzo a papà e mamma.