Nel libro di Stephen Glocer dedicato alla vita del grande filosofo contemporaneo (essendo tutt’ora vivente meglio non citarlo), lo studioso si chiede quale indagine abbia contribuito all’elaborazione della teoria con cui viene messa in relazione la moda con le cosiddette “macerie della civiltà” e tutto ciò che conduce a quello che altri hanno definito il sonno della ragione. Uno spunto interessante se si osservano oggi alcune trovate per l’abbigliamento di tutti i giorni a partire dai pantaloni tipo tuta sportiva che scendono stretti sulla caviglia indossati da certi energumeni di mezza età in cui spiccano solo i colori sgargianti delle scarpe di uno dei brand di maggiore tendenza di questo periodo. Immaginiamo questi rappresentanti della deriva sociale che contraddistingue la nostra sfortunata epoca armarsi e combattere in una guerra civile, le postazioni da cecchino nelle abitazioni già di uso comune e il contrasto con il look da eterni giovani d’oggi e persino la depilazione totale sul petto e sulle gambe scolpite da sedute meticolose in palestre di periferia. Marchi come Zara o H&M o Piazza Italia potrebbero sostenere una carestia, il razionamento dei generi alimentari, la tessera annonaria e il mercato nero? Si può fare la Resistenza sui monti con le Hogan o le Nero Giardini? Non siamo assolutamente pronti, dal punto di vista estetico, a una tragedia umana, a una catastrofe politica, a un conflitto globale. Si salveranno solo i vecchi, quelli che hanno scoperto che tessuti come il pile o l’elastan si arrendono alle esuberanze adipose e alle rigidità articolari delle membra corrose dal tempo e non dubito che solo loro, i veri nemici dello slim fit, saranno in grado di sopravvivere al peggio.