La bella notizia è che mi piace “Pesto”, il nuovo singolo di Calcutta, e che me lo ha fatto conoscere mia figlia. Era un pezzo che vedevo comparire il nome di Calcutta nel bene e nel male un po’ ovunque ma non avevo mai ascoltato nulla. Sono uno di quelli che non ascoltano molta roba italiana contemporanea perché provano imbarazzo per i cantanti a causa delle parole che dicono. Il link che mi ha avvicinato a questa canzone invece è stato il regista del video che è quel Francesco Lettieri che lavora con Liberato (di lui non provo imbarazzo per le parole che dice perché, pur essendo italiano, non ne capisco la lingua) e che ho scoperto che lavorava con Calcutta ancora prima. Per farla breve, il pezzo è deprimente come immagino sia la musica delle nuove generazioni, fatta da gente senza futuro per essere ascoltata da gente senza futuro. L’altra bella notizia è che ho maturato giudizi positivi anche sulla trap – sempre tramite mia figlia – ma prima di scrivere qualcosa ci devo pensare ancora un po’ perché davvero, la distanza generazionale tra vecchi e giovani che si consuma oggi con la trap non c’è mai stata nella storia dell’uomo, nemmeno ai tempi del punk. Ma andiamo per gradi e, per ora, cerchiamo di assimilare Calcutta.