Stamattina non ero di turno nel prendermi carico dei mali del pianeta. Avevo smontato ieri sera dopo una giornata torrida da tanto era stata infuocata. Avrete capito chi si è sobbarcato l’onere di emotivo di gestire il raid di Macerata. Il peso mi ha fatto dormire malissimo e i postumi mi hanno buttato giù dal letto presto. Però avevo la mattinata libera, così ho inforcato le scarpette da running e sono uscito per una sgambata. La temperatura era sotto lo zero di qualche tacca ma c’era quell’atmosfera tersa che consente di resistere al freddo a meno di non respirarlo a pieni polmoni. Dalle mie parti, considerando la qualità dell’aria, anche nei casi di debito d’ossigeno è sempre meglio andarci piano. Correvo lungo un sentiero che si dipana parallelo alla ferrovia, era l’alba e in giro non c’era anima viva. Poi è passato il Malpensa Express che mi ha superato a tutta velocità e, senza fermarmi, ho osservato il treno inabissarsi nell’orizzonte verso il sole che stava per sorgere e la prima luce del mattino. Dallo smartphone è partita una di quelle canzoni che potrebbero essere individuate come colonna sonora di ogni scena di quelle da film. Ho riflettuto solo sulle cose belle, ne ho almeno cinque o sei in questo periodo che meritano di essere passate in rassegna e approfondite con l’immaginazione appena c’è tempo. Ho accelerato un po’ il passo, in quell’istante sarei stato in grado di fare qualunque cosa, e ho tirato dritto perché quel momento, che era il momento prima, era già finito.