Anche se le e-mail non sono più tanto di moda, in questa corsa alla diminuzione della latenza tra interlocutori nell’emissione di una risposta, o per lo meno ai segnali che attestino che il messaggio è stato preso in carico, la posta elettronica come strumento di comunicazione dimostra ancora il suo valore.
Forse conta il fattore dell’interfaccia: l’e-mail la si compone ancora sul pc come se fosse un articolo, una relazione o un post, l’approccio quindi induce serietà da parte del mittente, la tastiera e tutti i comandi di cui disponiamo ci consentono di gestire blocchi di testo o singole lettere come preferiamo, l’ampia dilatazione con cui le parole sono distribuite lungo il campo testo che ci è messo a disposizione dal nostro client permettono di avere una visione d’insieme di ciò che scriviamo, di rileggere attentamente e di individuare con calma i refusi (non sto parlando necessariamente di me).
Ecco, le e-mail non sono tanto più di moda perché sono rimaste un’esclusiva delle comunicazioni ufficiali, di lavoro, tra cittadino e istituzioni (a parte quando le istituzioni ti chiedono di mandare un fax, nel 2018). In quest’epoca così liquida vengono sempre più associate alle cose serie e, in quanto tali, in una cornice in cui non ci si cura più di tanto di come si scrive e si parla e si promuove la vita nella completa informalità, la posta elettronica incute timore e non se ne giustifica l’uso a meno di dover impaginare l’e-mail con tutti i crismi e i rientri del caso, come si fa ancora con le lettere stampate vere e proprie.
L’e-mail consente ancora il dubbio dell’avvenuta lettura, non è stata ancora inventata nessuna doppia spunta blu per la posta elettronica a parte quegli ingenui sistemi che ti chiedono se vuoi inviare la conferma. Ci sono casi in cui proprio non c’è verso di ottenere una risposta. Avete mai provato, per esempio, a inviare una mail a un ufficio della Pubblica Amministrazione? All’Ufficio Scolastico Territoriale? Allo sportello regionale della Ragioneria Generale dello Stato?
Subentra poi la necessità di rispondere con le rime anche quando non si ha proprio voglia di discutere. Perché si sa che via e-mail occorre argomentare ogni posizione per filo e per segno proprio come si faceva ai tempi dei profondi rapporti epistolari. Nel dubbio io mi tengo sempre pronta una finta risposta automatica. Avete presente quei messaggi incomprensibili di errore, di sovente in codice, che spediscono i server di posta quando sono intasati o quando la casella del destinatario non esiste più o per qualunque tipo di problema di ricezione? Ecco, se qualcuno di voi mi dovesse dire per e-mail che gli sto antipatico o qualunque cosa di cattivo gli risponderei così, con una e-mail automatica artefatta, facendogli credere che quel messaggio non l’ho mai ricevuto e lasciandolo con le pive nel sacco.