è per questo che non mi dici mai niente

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Arturo e la moglie li sento discutere di una cosa che non sta né in cielo né in terra. Arturo sostiene che quando racconti a qualcuno una cosa che dovrebbe accadere poi cambiano le prerogative e a quel punto non succede più. “È per questo che non mi dici mai niente?” chiede lei. Miliardi di progetti andati in fumo per delle precipitose confidenze che si fanno agli amici perché comunque l’attesa di una soddisfazione è già in sé la soddisfazione stessa, ma spesso non si fanno i conti con il modo in cui l’intero sistema in cui viviamo è stato impostato. Per Arturo questa regola non vale però per le cose scritte e questo è il motivo per cui alla gente piace riempire diari – o anche blog – con tutto quello che gli viene in mente. “Prendi i romanzi che leggiamo”, aggiunge a sua moglie. “Raccolgono i desideri più intimi di chi li ha scritti e, anche se non è detto che le cose nella realtà vadano poi così, per lo meno si evita che gli avvenimenti messi nero su bianco si ritorcano contro l’autore”. Il problema è quindi la parola? L’ambizione? Riempire discorsi con io, io, io? Vorrei intervenire per dire la mia sul fatto che svelare se stessi in terza persona tramite una casa editrice in effetti può confondere l’equilibrio universale che mira alla distruzione di ogni velleità individuale allo scopo di appiattire verso il basso il genere umano per limitare le epidemie di invidia del prossimo. I protagonisti delle storie potrebbero essere chiunque e, facendo così, la responsabilità di un desiderio sarebbe difficilmente attribuibile. Però preferisco starmene zitto per evitare che un intervento in prima persona possa in effetti causarmi qualche problema. Egli quindi giunse alla conclusione del suo post parlando di sé come un estraneo (addirittura usando il passato remoto come nei libri veri) e Arturo e sua moglie stettero al gioco per non mettere allo scoperto l’amico.

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