Mentre ti monitoravano per trovare qualche indizio sulle tempistiche dell’imminente parto, operazione alla quale purtroppo non ho potuto assistere e intendo sia il monitoraggio (top secret) che il taglio cesareo in sala operatoria (chirurgia a tutti gli effetti), ero così teso nella sala d’attesa dell’ospedale che ho poggiato la nuca alla parete e, seduto, mi sono addormentato. Erano le quattro del mattino e ti avevo portato di urgenza in ostetricia alle tre dopo che mi avevi svegliato alle due causa rottura delle acque e dopo che ci eravamo coricati a mezzanotte passata, dopo una serata con degli amici. Ero assorto a pensare a come saremmo stati come genitori e poi qualcosa dentro di me ha spento la luce e poi non ricordo più nulla fino a quando l’infermiera mi ha svegliato per mettermi al corrente della situazione. Ieri mattina è successa una cosa analoga mentre ti sottoponevi a una visita i cui esiti temevo tantissimo. Ero così terrorizzato dall’idea che ci potesse essere qualche complicazione e continuavo a pensarci su perché ora siamo un po’ più vecchi da quella volta in ostetricia e quando l’età avanza, si sa, ne capitano di tutti i colori. Ero così spaventato che di nuovo, mentre pensavo a quali potessero essere le conseguenze – era mattina presto – ci sono cascato ancora. Mi sono assopito, ma questa volta per qualche secondo, forse un minuto al massimo perché quando dormiamo non è che stiamo lì con il cronometro a vedere per quanto tempo. Mi sono assopito finché non mi ha svegliato la tua voce, stavi dettando il nostro indirizzo alla dottoressa per la ricevuta, e dal tuo tono ho capito che stava andando tutto bene. Mi sono ricomposto in tempo. Pochi secondi dopo sei uscita dall’ambulatorio, mi hai confermato che non c’è nulla da temere, così ho pensato che la tensione che ti fa chiudere gli occhi e sprofondare nel sonno non è una cosa poi così strana, anzi, al risveglio porta sempre buone notizie.