Un gruppo di facinorosi riconducibile al movimento ancora privo di nome (per nostra fortuna) ma che si batte per svincolare il genere umano dalla schiavitù di fare il proprio dovere ogni giorno è stato identificato dalle telecamere di sorveglianza di un noto centro commerciale della periferia di Milano. Uno dei componenti della cellula è stato ripreso durante l’acquisto di un paio di jeans di marca, uno di quei capi il cui costo non va mai sotto i cento euro. La commessa, interrogata dagli agenti della sorveglianza incaricati delle indagini, ha riportato alcuni stralci della conversazione intercorsa durante la permanenza nel negozio. Uscito dai camerini, il terrorista sociale avrebbe confessato alla ragazza di non essersi mai sentito così a suo agio ammettendo la superiorità del brand in questione dopo una vita trascorsa nella giungla delle sottomarche, economiche ma solo nella breve durata. Pare che il soggetto abbia anche provato persino qualche posa estrema per valutare la tenuta del pantalone, per esempio tentando uno squat solo per il gusto di sperimentare l’aderenza del tessuto sul cavallo e sui quadricipiti malgrado l’assenza della componente di elastan nel costoso tessuto. Il resto pare essersi svolto nella completa regolarità, con il pagamento dell’intero importo tramite carta di credito ampiamente coperta, fatto che ha impedito qualunque pretesto per un fermo preventivo. Ricordiamo che le frange più estremiste di questa organizzazione si rifiutano di adempiere alle più banali responsabilità imposte dalle regole della società, come alzarsi la mattina in relazione agli impegni, il rispetto degli impegni stessi messi ad agenda dal potere dell’economia, l’economia come piattaforma di benessere collettivo, la collettività in quanto aggregazione artificiale secondo criteri geografici, la geografia come organizzazione politica del territorio, la politica perché tanto è di moda denigrarla. Non è un caso che la narrazione del loro manifesto comportamentale possa procedere così all’infinito. La versione originale comprende anche prese di posizione contro certe cucine in formica color pastello anni 60 perché foriere di nostalgie inconsolabili di un’epoca morta e sepolta e un’accesa critica alla generazione spontanea dei pallini di lana sui maglioni invernali, indice di scarsa qualità del tessuto.
Pericolosissimi questi tizi