Anche il 77 non è stato tutto rosa e fiori. Siamo già ad ottobre di questo quarantennale, e a pensarci bene a tutta la vita che ci è passata in mezzo fa molta impressione. Io non credo che tutto quello successo prima sia fantastico e tutto quello che accade oggi sia una merda, anche se oggi le riflessioni sul senso dell’esistenza degli intellettuali al tempo dell’Internet hanno un loro fondamento. Vi basti pensare che, ora che diamo retta a cani e porci su Facebook, passo per intellettuale pure io che ho quattro gatti che mi seguono su questo blog. Oggi abbiamo il reggaeton, per dire, ma non crediate che nel 77 fosse tutto “Heroes” di Bowie, quel fantastico disco con la copertina tutta rossa dei Talking Heads o i Sex Pistols che sbraitavano contro la regina. In Italia c’erano le stesse porcherie che ci sono oggi, solo con sonorità e testi contestualizzati all’epoca. Vi basti ricordare che nel 77 il singolo “Ti amo” di Umberto Tozzi ha sbancato l’industria musicale. Che differenza c’è tra Rovazzi e Tozzi, che fanno anche rima? Oggi i versi di “Ti amo” si ritrovano spesso negli status dei nostri amici: primo maggio su coraggio, fammi abbracciare una donna che stira cantando, fatti un po’ prendere in giro prima di fare l’amore. Tutti temi che ci fanno venire i peli ritti come aculei ai tempi delle questioni di genere, delle pari opportunità, dei produttori che ci provano con le attrici. Ascoltare “Ti amo” di Tozzi ci fa pensare che, davvero, nel 77 per certe cose eravamo dei trogloditi. Almeno qui in Italia.
Che poi se mentre stiro mi abbracci m’incazzo come una biscia