Il proprietario del bar in piazza mi ha dato uno spintone per spostarmi dall’area antistante l’ingresso del suo locale sopravvalutato. Io con la mia cresta sarò anche anti-estetico o trasmettere un’idea sfavorevole per chi gestisce un esercizio commerciale, ma so per certo che quello che sto calpestando è spazio pubblico e lui di certo non paga l’ICI sulla gente in sosta a fare due chiacchiere come invece accade per i tavolini. Sicuramente pensa che gli spavento la clientela ma a me non interessa. Marta se ne è andata dalla mia vita e ha portato con sé uno scatolone di remix dei Depeche Mode e da allora non ne ho più voluto sapere. Fatemi picchiare dai vostri buttafuori. Chiamate i carabinieri per perquisirmi, se mi ritenete così sospetto. Distruggetemi senza pietà. So che questa cosa della collezione di extended play andata in fumo resterà nei secoli una ferita impossibile da sanare. Dovevo tenerne traccia, catalogarli, ma mai avrei pensato potesse finire così. Magari un giorno, magari nel duemila e qualcosa ci sarà un sistema universale, una specie di calcolatore elettronico totale globale che conterrà tutti i dati sino all’infinito e che metterà a disposizione un modo per cercare le informazioni che ti servono. Per esempio il catalogo dei remix dei Depeche Mode così completo da controllare per filo e per segno data di pubblicazione e copertina e verificare se effettivamente Marta li ha tutti, anche se prima erano di tutti e due perché ci amavamo così tanto da dividerci ogni cosa, oppure se posso placare la mia rabbia e l’invidia per una collezione lacunosa e, quindi, di relativo valore se non meramente affettivo. Ma ora siamo solo nel 1984 e peccato non mi sia permesso entrare nel bar della piazza a bere qualcosa per rifletterci su. Meglio attendere fuori, magari passano le amiche di Marta.