Mi è successo per il secondo sabato di fila. Stamattina alla Coop c’era la possibilità di fare un po’ di spesa solidale con generi di prima necessità da devolvere ai detenuti del carcere di Bollate e, nel mio piccolo, ho contribuito con un paio di tubetti di dentifricio corredati da spazzolini. Poi, proprio all’ingresso, c’era un’area dedicata ai prodotti di Libera in offerta al 20% e ho preso un po’ di pasta integrale e una marmellata. Tutto questo darsi da fare per gli altri è stato però compensato con una montagna di scatolette per gatti, i miei, erano in promozione e ne ho approfittato.
Ed è stata proprio quest’ultima consistente componente della spesa ad attirare la curiosità dell’addetto al banco pescheria che non si è dimostrato sorpreso – di fronte alle mie spiegazioni – del fatto che i miei due felini domestici mangiassero così tanto. Il pesce era per me, ovviamente, ma è chiaro che di fronte a un’occasione di risparmio così evidente concordava sull’opportunità di portarsi avanti con una bella scorta. Mentre mi pesava i filetti di persico mi ha rivelato invece quanto i suoi gatti non gradissero quella marca di umido.
La stessa cosa è successa alle casse. Le operatrici sono spesso entusiaste del modo in cui organizzo le scatolette sul nastro trasportatore. Compro sempre quantità pari perché i miei gatti sono due e cerco di far loro mangiare lo stesso gusto, una confezione a testa per pasto. Così faccio torrette da quattro, in raggruppamenti da otto in totale, e le cassiere possono verificare il codice a barre di una e moltiplicarlo per otto, velocizzando di gran lunga le loro operazioni. Questo genere di premure si notano di più quando faccio la spesa così presto come stamattina. Verso la fine del turno anche queste accortezze passano inosservate e non biasimo per nulla chi fa questo mestiere. Comunque la cassiera di stamattina, oltre a complimentarsi per l’ottimizzazione della disposizione della merce, mi ha surclassato in quanto a gatti domestici – ben quattro! – e a intelligenza di consumo. Lei compra le marche più costose – mica come le mie da supermercato – su Internet, risparmiando molto più di me sulle grandi scorte.
Ora vengo al dunque. Tutta questa socialità sembrava essersi esaurita all’uscita, dopo la consegna dei generi a chi raccoglieva la spesa per i detenuti. Invece il venditore di roba contraffatta che staziona fisso lì fuori e che a volte mi saluta e a volte no, oggi si è comportato in linea con i dipendenti del supermercato e ha tentato un approccio commerciale che ho dribblato sagacemente. Non mi interessa nulla della sua merce, che invece suscita la curiosità degli acquirenti più anziani.
Mentre riponevo il carrello poi mi è avvicinato il figlio della famigliola rom che invece presidia abitualmente il parcheggio. Visto che anch’io, come tutti voi, sono sempre più razzista gli ho negato la moneta del carrello. Ho riposto la spesa nel portabagagli e poi, ancora una volta, il senso di colpa per così tanto impegno economico profuso per delle bestie (benché domestiche) in contrasto con l’indigenza altrui si è fatto nuovamente sentire. Ho pensato anche al ragazzo della pescheria, alla cassiera con i suoi quattro mici, a Libera e ai suoi prodotti, ai carcerati che si laveranno i denti con quello che ho acquistato per loro in questa giornata così speciale piena di chiacchiere e di bontà e persino al venditore all’uscita della Coop, che comunque qualche euro bene o male lo raggranella. Ho messo mano al portafoglio e ho tirato fuori la moneta di prima, il ragazzo rom lo ha capito ed è tornato da me per prendersela e ringraziarmi, poi è corso dentro, immagino per comprare qualcosa da mangiare per sé e per la sua famiglia.
Il numero di buone cause a cui donare e di questuanti è aumentato negli ultimi anni. Non ho mai problemi a comprare farina e pasta da lasciare a chi raccoglie prodotti alimentari, un po’ di più a donare un euro, forse perché non so come verrà speso. Forse perché ad ogni passo c’è qualcuno che ne chiede e non so capire chi per necessità e chi per calcolo