Se vi è successo di imbattervi casualmente in un vostro collega al mare avrete sicuramente provato la sensazione di sorpresa che si prova quando si stenta a riconoscere una persona in un contesto diverso, se non opposto, da quello a cui si è abituati. Quello che vi ho citato è un caso limite: trovarsi di fronte seminudi donne o uomini che conosciamo unicamente in abiti di rappresentanza può costituire un shock non da poco, anche se ammetterete che ciò può indurvi a cambiare la percezione radicata dell’individuo in questione, qualora necessario. Può nascere un’attrazione fisica sopita o, meglio, le nudità goffe potrebbero scardinare la soggezione per un superiore trasformandolo in un essere umano come gli altri, per giunta un po’ bolso.
Ma la cosa funziona anche da vestiti. Luigi, che come me è un assiduo cliente della migliore pizzeria del quartiere, ci ha messo un bel po’ a riconoscere chi fosse la donna minuta in jeans e maglietta dell’Hard Rock Cafè di Dublino che gli si era seduta di fronte sul tram. Lei, che si chiama Mara, gli ha sorriso e poi, per evitare ogni equivoco circa quell’approccio dovuto al caso, gli ha ricordato di essere la cameriera che accoglie i clienti e prende le ordinazioni delle pizze da asporto. Solo che sul lavoro indossa sempre una divisa tutta nera e, per motivi di igiene oltreché di decoro, tiene sempre i capelli legati. Sta di fatto che da allora Luigi va sostenendo che, a causa di Mara che ha prende il tram come tutte le persone normali, si è interrotta una serie positiva di eventi che si protraeva da almeno un paio di settimane. Non può andare tutto sempre bene, questo mi sono sentito in dovere di farglielo presente.
Da allora – sono venuto a conoscenza di questo episodio l’altro ieri – ho cercato di fare caso a tutti i segnali grazie ai quali si riesce a interpretare quanto l’universo o il sistema delle cose, chiamatelo come volete, ce l’abbia con noi, anzi con me in questo caso, e fortunatamente ne sono uscito indenne. Ho trovato un presagio solo in un frangente di difficile lettura. Ieri, nel tardo pomeriggio, ho rinunciato per la seconda volta a usufruire dei servizi di una nota libreria scolastica specializzata nell’usato perché – giustamente – in questo periodo di ripresa delle lezioni è presa d’assalto da studenti di ogni età e dai loro genitori in un modo di cui, in una metropoli come Milano, è facilmente identificabile l’ordine di grandezza. La coda era ai limiti del rispetto dei diritti umani così ho pensato che, tutto sommato, farsi spedire i libri di testo a casa con Amazon Prime – peraltro risparmiando – non fosse così immorale.
Il punto è che poco dopo sono salito sul treno per rientrare e la carrozza, oltre a essere stranamente surriscaldata, emetteva un suono costante dovuto a una specie di vibrazione che, grazie al mio orecchio assoluto, ho ricondotto immediatamente a un la bemolle, nemmeno troppo grave. Il volume era piuttosto consistente, impediva le conversazioni più intime ma, soprattutto, il fenomeno rendeva impossibile l’ascolto di qualunque cosa che non fosse in la bemolle o in una tonalità compatibile, senza contare che quando il convoglio rallentava questa specie di sirena si faceva più fastidiosa ma anche leggermente calante. Proprio allora, malgrado mi trovassi in galleria e la connettività fosse discontinua, ho ricevuto l’SMS di Luigi che diceva, testuali parole, “non sono cattivo, lasciatemi perdere”.
Il La bemolle in carrozza mi inquieta. L’altro giorno stavo camminando in campagna quando ho incrociato una donna che mi ha salutato calorosamente, ovviamente ricambiata. Ci ho messo tutto il tragitto fino a casa a capire che era la proprietaria del mio distributore di benzina