Al è il nuovo marito americano di Cristina e parla allo stesso modo in cui noi italiani, per prenderli in giro, imitiamo l’accento di un americano che parla italiano, e se aggiungete il fatto che il timbro di voce di Al proviene diretto dalla gola come quello di Sordi che fa il doppiatore di Oliver Hardy il cerchio si chiude. Al ha in comune con Cristina l’altezza e l’abbigliamento ordinario. Non puoi certo dire che si trascurino, da quel punto di vista, a Milano è un aspetto fuori discussione, ma il gusto mediocre di entrambi traspare dal discutibile abbinamento in termini di foggia e di colori dei capi costosi che indossano. So che Cristina ha conosciuto Al sul lavoro. La multinazionale di cui sono entrambi dipendenti lo ha mandato dal Tennessee a Milano per far quadrare i conti di una filiale, quella italiana, che sembrava fuori controllo, sapete come vanno le cose qui. È un attimo a favorire un fornitore piuttosto che un altro, basta solo qualche biglietto in tribuna VIP a San Siro, un weekend sul lago o, per i più viziosi, una task force di escort e pusher. Questo, per così dire, in inbound. In outbound si ricorre a un evergreen, il classico dei classici, chiamatela tangente o cresta sui costi reali, il grosso finisce in cassa e una parte, un importo al limite per non destare sospetti, in saccoccia. Il fatto è che le grandi aziende globali hanno bisogno di purezza, trasparenza e virtù per giocarsi l’integrità come valore aggiunto sui prodotti. Al ha passato qualche anno in Israele dove ha fatto terra bruciata per rimettere a nuovo la filiale di Tel Aviv e ora è qui per lo stesso motivo. Scusate: terra bruciata, a proposito di Israele, è meglio non dirlo.