Le trasmissioni tv condotte da Massimo Bernardini, almeno quelle che conosco io, sono caratterizzate da una nutrita presenza di giovani che non sono lì solo per fare tappezzeria, scena e connotare i programmi per un target consono ma, spesso, partecipano attivamente alle discussioni. Quando il tema riguarda i programmi tv – è il caso di Tvtalk – da quel poco che ho visto mi sembra che se la cavino alla grande. I giovani d’oggi, si sa, quando si tratta di comunicazione da buoni millennial ne sanno una più del diavolo. Giovedì scorso mi è capitato però di assistere a una puntata di “Nessun dorma” su RAI5, anzi l’unica puntata di quella trasmissione che io abbia mai visto e di ciò me ne rammarico perché parla di musica e io non ne conoscevo assolutamente l’esistenza, tanto che credo che appena avrò un po’ di tempo andrò a vedermi gli episodi precedenti che sono disponibili qui.
Al momento non c’è ancora la puntata a cui sto facendo riferimento ed è un peccato perché si parlava di rock in Italia, di rock progressivo e del momento in cui il rock progressivo è stato scalzato dall’urgenza della modernità e da quell’uragano che è stato il punk alla fine degli anni 70 e che, oggettivamente, da noi è stato poco più che una brezza marina.
Gli ospiti in studio erano Franco Mussida, l’anima a sei corde della PFM (al momento in pensione) a rappresentare il progressive da una parte, ed Enrico Ruggeri in qualità di presidente onorario dei ribelli no-future, testimone oculare ed esperto conoscitore dei fatti. Il tema infatti riguardava proprio il valore apportato dal movimento di cui la PFM è stata una sorta di capofila e gli elementi che hanno portato gruppi come i Decibel a cambiare le carte in tavola e a risolvere in modo drastico il tema dell’appesantimento culturale con cui il progressive e una certa estetica della musica, a quel tempo, stava tarpando le ali al nuovo che arrivava dai paesi anglofoni di riferimento e rallentava l’inevitabile deterioramento sociale verso il riflusso che si sarebbe imposto da lì a poco e che però ai tempi era visto come una manna dal cielo.
La regia ha alternato filmati di repertorio della Rai, nulla che non possa essere rintracciato su Youtube (“Impressioni di settembre” a “Senza rete”, “Contessa” a Sanremo 1980, la versione a tarantella di “Blue Rondo à la Turk” di Dave Brubeck rifatta da Le Orme), c’è stata qualche esecuzione dal vivo di giovani musicisti e poi un interessante confronto tra i due ospiti.
Il punto debole però della trasmissione è venuto invece dagli interventi dei ragazzi del pubblico, che credo comunque si tratti di gente già selezionata in partenza e che, quindi, non sia proprio il primo che passa, ma che ha confermato la tesi secondo la quale i ragazzi di oggi, i millennial, con le loro diavolerie digitali, di musica non capiscono un cazzo e non mi riferisco solo ai loro gusti di merda. Hanno un consumo di musica che non è adatto alla natura stessa della musica, almeno finché sarà intesa come la intende il genere umano sin dai tempi della sua invenzione.
Le domande dei ragazzi a Ruggeri e Mussida sono state a dir poco imbarazzanti e i commenti di una superficialità completamente fuori luogo per il tipo di trasmissione, le personalità invitate e la stessa rete che trasmette il programma. A proposito di Tony Pagliuca scalzo che cercava di emulare il suo riferimento artistico Keith Emerson maltrattando l’organo Hammond, pur nella sua ridicolaggine ed esteso il paragone agli esempi di gente che spacca la chitarra sul palco, una ragazza ha espresso il suo sdegno nei confronti di chi manca di rispetto ai propri strumenti. In un secondo intervento, un’altra spettatrice ha chiesto a Ruggeri se ci fosse un collegamento tra la sua contessa e quella di Pietrangeli, cose che noi nemmeno alle elementari. Questi sono stati due momenti in cui mi sono dovuto trattenere dall’istinto di spegnere e andare a letto dalla vergogna che ho provato ma, per fortuna, la curiosità e l’interesse per l’argomento sono prevalsi.
Mi chiedo quindi il motivo per cui il meccanismo con il quale si invitano i telespettatori negli studi a seguire dal vivo il programma non tenga conto dell’argomento che sarà trattato e che il pubblico partecipante non sia composto da persone interessate, se non competenti o appassionate, al tema e al contesto, per evitare le brutte figure come quelle fatte con Mussida e Ruggeri. I giovani di musica non ne sanno un cazzo. E allora, caro Bernardini, perché in quel tipo di trasmissioni non inviti i cinquantenni come me?