In questo periodo fior di scrittori consigliano ai colleghi meno blasonati di partecipare ai più prestigiosi festival della letteratura perché trovarsi sempre in mezzo a gente più brava è da considerarsi una fortuna. C’è sempre da imparare soprattutto se siete quei presuntuosi che non perdono occasione di dire che loro avrebbero fatto di meglio, a prescindere da qualunque cosa di cui si stesse parlando. Ieri, per dire, ho fatto colazione qui in albergo con Gabriele Z., uno dei finalisti dell’ultima edizione di uno dei più prestigiosi premi estivi di categoria, e mi ha confessato di vivere uno di quei momenti lì. Gli sembra proprio di aver sbagliato tutto, nella vita, e non solo qualche consecutio temporum come faccio io, nemmeno se a pubblicare libri lo avessero costretto. Per non infierire troppo sulla sua autostima allora gli ho dato una mano a montare uno di quei cosi che, da qualche anno a questa parte, le agenzie di assicurazioni impongono ai proprietari delle automobili. Hanno la funzione di registrare e trasmettere dati sui nostri spostamenti, come se non fossimo già abbastanza controllati. Bisogna allentare leggermente i dadi ai poli della batteria, inserire i morsetti facendo coincidere negativo con negativo e positivo con positivo dopo aver fissato il dispositivo con l’adesivo con cui viene fornito, stringere i dadi e, se si accende la spia, il gioco è fatto ed è un gioco che mi riesce bene. Solo che quando si cerca un traguardo, una volta raggiunto è facile riconoscere cos’è e si fa presto a riportare l’attenzione sul presente.
Da tempo Gabriele – per la cronaca, sono io quello che considera l’altro più capace, in virtù dei suoi best seller – mi spinge a sviluppare l’idea di una storia distopica in cui, in una civiltà governata dal partito dei giovani, c’è un piano contro noi vecchi per sottoporci alla soluzione finale per non essere costretti a pagarci le pensioni e le cure di cui abbiamo bisogno ma potersi scoppiare i nostri contributi accumulati in una vita di lavoro (c’è anche chi ha riscattato gli anni dell’università) in abbigliamento di marca, droghe e ristoranti gestiti da chef diventati famosi in trasmissioni televisive. Se l’idea vi ricorda qualcosa è sicuramente perché ne ho già parlato altre volte, proprio su questo blog di successo. Ma non è la prima volta che qualcuno mi dà dei suggerimenti sbagliati, nemmeno non avesse avuto tempo per riflettere. Gabriele, come me, cerca l’estetica nelle opzioni a disposizione e, quando il tempo stringe, non è così raro che prema il pulsante sbagliato. Per lo stesso impeto sostiene anche che oggi siamo più brutti perché facciamo di tutto per piacere a noi stessi e piacere agli altri è un di cui, come conseguenza. Io gli ho risposto di parlare per sé e di non impicciarsi.
mi è tornato in mente il film Grano rosso sangue (tratto da un racconto di King, dove “Colui che cammina tra il grano” ordinava ai bambini di uccider gli adulti. Lo so, non sto tanto bene, ma è venerdì.
non sapevo fosse di King, l’ho visto molti anni fa