Della prima volta nella mia vita in cui sono entrato in negozio Ikea ricordo soprattutto le due cose che hanno maggiormente attirato la mia attenzione e che la dicono lunga sui miei gusti in fatto di arredamento: gli armadietti di metallo verdi, che ora non esistono più, e la formula della cameretta con il letto a soppalco.
La mia passione per l’organizzazione degli spazi sublima nel desiderio, da sempre represso, di soppalcare, e non chiedetemi il perché. Sono nato e cresciuto in un appartamento costruito alla fine dell’800 con soffitti altissimi e, da bambino, cercando di addormentarmi, fantasticavo sulla possibilità di ricavare più livelli lungo quelle pareti inutilmente elevate con un sistema composto da tubi innocenti e assi di legno, con l’obiettivo di ottenere aree per il gioco sul pavimento spostando sopra letto, scrittoio e gli altri mobili poco funzionali per un inquilino di quell’età.
La fissa per il soppalco, crescendo, non mi ha mai abbandonato. Purtroppo però le case in cui ho vissuto con il tempo sono sempre stati deludenti, da quel punto di vista. L’edilizia moderna non scende a compromessi in fatto di rispetto degli standard minimi dei volumi di abitabilità e da allora mi sono sempre coricato contemplando soffitti molto più vicini e quindi meno propensi a lasciarsi manipolare dall’immaginazione. Il letto a soppalco dell’Ikea ha costituito quindi una vera e propria rivelazione: pronto all’uso e pensato per le proporzioni dell’edilizia moderna ed entry level.
La vita di coppia, però, come ben sapete impone soluzioni votate alla praticità a lungo termine. Riuscite a immaginare voi e la vostra consorte impegnati a rifare un letto ubicato a un metro e settanta di altezza con i limiti di un fisico provato da molteplici inverni sul groppone? Senza contare che i soppalchi matrimoniali di serie e pret-a-porter non sono abbastanza ampi e millantano a malapena una arbitraria e discutibile piazza e mezza. Si rende necessario il ricorso a mobilifici di fascia superiore se non alla falegnameria artigianale con spese che vanno a sbilanciare ulteriormente la colonna dei contro a danno di quella dei pro.
Il sogno quindi di dormire sopra e scrivere romanzi alla scrivania sotto sfuma sin dalla prima notte di nozze e resta una fantasia della fanciullezza. Ciononostante la nostra vivace e fervida immaginazione non perde occasione di ricostruire, almeno per gioco, l’ambiente multi-livello ogni volta in cui se ne presenta l’occasione. In ufficio da me, per esempio, siamo in sei in uno stanzone. La mia battuta preferita quando qualcuno ci fa notare la densità abitativa e il surplus di dispositivi informatici è da sempre la stessa: potremmo soppalcare e accogliere altri colleghi, e ogni volta, mentre l’interlocutore ride – perché questa battuta fa sempre ridere gli interlocutori – penso che sarebbe una cosa magnifica e che, nel caso, non avrei dubbi a scegliere una delle postazioni in alto.
come al piano settimo e mezzo della LesterCorp
un film bello divertente, concordo. MI hai fatto venir voglia di rivederlo.