Anche se abiti nella più megalopolosa delle megalopoli quando ti dai appuntamento in un luogo non ci sono storie. Ogni posto ha le sue coordinate e i suoi riferimenti: di fronte alla vetrina del negozio tal dei tali all’uscita della metro pincopallo nella via tiziocaio sempronio, basta seguire le indicazioni o, se funziona, smanettare un po’ con maps e il gioco è fatto. Con questo procedimento è facile raggiungere qualcuno quando per esempio ti sei trasferito da poco in una capitale europea non italiana e, rintracciato l’amico dell’amico dell’amico che ormai invece è residente a tutti gli effetti, riesci finalmente a organizzare un incontro per avere qualche dritta da lui su alcuni aspetti pratici del vivere all’estero. Quali canali sfruttare per trovare più velocemente un impiego per mantenersi, come si ricicla la spazzatura, quali sono i posti dove si fa la spesa spendendo di meno e come cavarsela con tasse, assicurazione, sanità pubblica e fibra ottica in casa. Vi suggerisco però, quando toccherà a voi sdebitarvi del favore facendo lo stesso con qualcun altro appena atterrato in città, di invitarlo a pranzo e di pagare per entrambi, anche se un’isola di gentilezza in un mare di ostilità (lingua, cultura, lavoro eccetera) corre il rischio di aumentare la depressione finito il tutto, al momento di prendere la metro per rientrare a casa e ritrovarsi con la stessa situazione precaria di prima. A me capita spesso di soffermarmi sulle famigliole che si vede essere giunte da poco in città. Il padre scherza per tenere su il morale di moglie e figli ma nelle società più orientate al profitto il contrasto tra loro e i genitori autoctoni che hanno i soldi risulta ancora più crudele. I genitori ricchi osservano quei teatrini improvvisati e, anche se non proferiscono parola per rispetto, si vede che pensano che puoi essere un padre simpatico quanto vuoi ma se non fai nulla per mantenere i tuoi figli non vali un cazzo.
