un premio alla laconicità

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Qualche sera fa ho tenuto un discorso in occasione della cerimonia per il conferimento della laurea honoris causa in “Comunicazione sui blog” e vorrei riportarvi qualche passaggio qui se non fosse che, obiettivamente, essendo già in possesso di un titolo di studio conseguito presso una facoltà umanistica con il vecchio ordinamento, di un riconoscimento accademico farlocco e per di più ricevuto senza dare nemmeno un esame non so che farmene.

Ma siccome i tempi sono quelli che sono, tutto fa brodo e del digitale, come del maiale, non si butta via niente, ho pensato di aggiungerla al mio curriculum per vedere tutti quei presuntuosetti under 35 su LinkedIn con i loro master in fuffa SEO, SEM, UX, UI e compagnia bella la faccia che faranno a leggere che alla fine, quello che conta, è la cultura di base, l’esperienza, la versatilità e l’essere nato prima del 1970.

Non vi nascondo che, sul palco della sala conferenze di quell’hotel da mille euro a notte frequentato da modelle e riccastri dell’est che ogni tanto venivano a sbirciare che cosa succedeva senza capirci un’acca, guardavo i socialmediacosi dall’alto sbavare sulla mia attitudine allo storytelling nata prima che fosse cool con una punta di disprezzo. Li contemplavo trasudare, mentre mi muovevo a mio agio da Vittorini alla street art di Alice Pasquini passando per Kierkegaard e i Preoccupations, tutta la vacuità delle loro decine di migliaia di follower al cospetto della mia autorevolezza letteraria, della mia capacità di sorprendere con collegamenti spiazzanti e del mio doppiopetto in velluto marrone acquistato nella mia ultima recente vacanza londinese. Ho tagliato persino corto, con le parole e i sacrosanti tributi, giusto per non dilungarmi.

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