Federica e sua madre sono due versioni della stessa persona a qualche lustro di distanza l’una dall’altra. Le aziende che puntano sulle pluri-citate pubblicità prima e dopo la cura che, se le avete presenti, non ingannerebbero nemmeno un ipovedente boccalone, dovrebbero imparare dai casi più riusciti di coppie mamma e figlia come questa, quando cioè l’apporto genetico dell’altro genitore è impercettibile ed è facile giocare sul fattore dell’apparente dualismo giovane-meno giovane. La natura si diverte con queste trovate. Federica e sua madre poi vestono anche allo stesso modo e ostentano la stessa andatura, per non parlare del taglio di capelli. I colleghi assicurano che si scambiano i capi di abbigliamento come se fosse una cosa naturale e lo sarebbe se l’archetipo fosse Federica e la madre, come molte donne di quell’età, si atteggiasse a giovane d’oggi. Il nostro caso invece è l’opposto e Federica e sua madre vanno in ufficio vestite entrambe da cinquantenni.
La madre di Federica infatti è riuscita a piazzare la figlia come impiegata nella stessa associazione di categoria in cui lei è in servizio ormai da più di trent’anni, e se ci aggiungete il fatto che Federica vive ancora in famiglia, è single e ha una vita sociale circoscritta al lavoro che svolge, dal quadro che ne emerge uno può trarre tutte le conclusioni che vuole ma, almeno in parte, rimarrebbe vittima di un pregiudizio e di questi tempi voi m’insegnate che è bene lasciarli alle persone poco informate.
C’è infatti una differenza tra le due. Federica vorrebbe introdurre dei cambiamenti in ufficio, a partire da un contact center per organizzare e distribuire in modo più efficace le numerose chiamate che le arrivano e che occupano un buon 75% dell’attività che svolge alla sua postazione. Ha persino messo a punto un progetto completo di studio di fattibilità, KPI e tutte quelle robe inutili che insegnano ai master di marketing e lo ha presentato al segretario generale, una vecchia volpe degli impieghi da imboscato sulla cui scrivania campeggiano numerose stampe di foto della sua collezione di utilitarie d’epoca che conserva in un garage apposito comprensivo di sorveglianza per il quale spende un occhio della testa. Ogni venerdì ne sfoggia una differente e la parcheggia in uno dei posti riservati della sede. L’ultima che ho visto è una Fiat 126 color vinaccia, con il tettuccio apribile e dietro una sfilza di quegli adesivi ellittici che usavano prima di Schengen con la sigla di stati europei che non esistono più ma che testimoniano il glorioso passato da viaggiatore stravagante del precedente proprietario.
Federica si è ispirata al sistema di gestione automatica delle problematiche che hanno le compagnie telefoniche e le assicurazioni, il cui obbiettivo è di farti innervosire nell’attesa in modo da esercitare poi meglio il controllo della criticità. Ci sono fior di studi su questo approccio, credo sia una vera e propria scuola di psicologia, per questo la differenza la fanno quelli che partono con il piede giusto e danno per scontato che, al telefono, ci sarà da passare un bel pezzo. È fondamentale organizzarsi. Internet, un bel libro, la tv, ma mai riflettere sulla scelta della musica di attesa e della brevità calcolata ad hoc del loop scelto e intervallato alla voce che finge di tranquillizzare l’utente. Noi che abbiamo vissuto i fasti del trip-hop, in cui la reiterazione dei frammenti ritmici usati per la base era portata all’estremo, abbiamo un marcia in più in questa forma di resistenza. La sfida di Federica è però quella di proporre una canzone meno snervante della didascalica “Three is the magic number” o quel jingle di Fastweb fatto tutto di vocali in cui chissà quanti di noi ci hanno lasciato la pazienza. Ma non lasciatevi ingannare dalle apparenze. La scelta del brano, di puro valore estetico, è solo una piccola parte del progetto. Vi chiederete come viva la madre questa forte volontà disruptive, come si dice oggi, della figlia, un aspetto che a vederla al computer nelle sue maglie da donna di una certa età nessuno coglierebbe mai. Non ho un’opinione precisa su questo, ma posso sempre informarmi meglio.
Un pensiero su “se vuoi trasformare il tuo ambiente di lavoro sei capitato nel posto giusto”