in lungo fuori e in largo nel subconscio

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Dopo la morte di Bowie il padre di Ginevra non si è visto più in giro per un po’, ma la prima uscita ufficiale in pubblico è stata una di quelle col botto che fanno perdonare tutto, anche così tanti mesi di latitanza dalla società. Il padre di Ginevra si è presentato alla riunione di classe della figlia sottobraccio alla moglie ma vestito da donna, proprio come quella foto di Bowie che porta a spasso la carrozzina del figlio e che, se la osservi superficialmente senza contestualizzarla al periodo culturale e storico, non distingui immediatamente chi è la mamma e chi il papà. La professoressa Pavesi non ci ha messo molto invece a smascherarlo al primo colpo d’occhio e ad assegnare a ciascuno dei due i ruoli di marito e moglie secondo i suoi pregiudizi ultra-conservatori. Ma fortunatamente la sua estrazione abituata ad applicare la discrezione nei confronti di tutto ciò che è sconveniente ha prevalso dal mettere sotto gli occhi di tutti un evidente disagio da confusione sessuale, inammissibile in un sotto-gruppo di una sotto-società cattolica, e la prof Pavesi così ha fatto finta di nulla, come se di fronte a sé si fossero presentate la madre della ragazza accompagnata da una zia o, al massimo, un’amica di famiglia.

Quella riunione di classe poi non era una riunione dei genitori come tutte le altre. Visto l’afflusso previsto per le tematiche trattate era stata organizzata al centro commerciale che ha preso il posto del vecchio cinema Eldorado, mantenendone i locali liberty e la cupola sul soffitto che, con i fasti del cinema, si apriva nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo e che ancora oggi, rimasta tale e quale, fa restare a bocca aperta e il naso all’insù gente di ogni età.

I genitori intervenuti si sono avvicendati con domande, risposte e piccoli battibecchi sulle varie questioni, ma al padre di Ginevra non interessavano un granché, essendo totalmente in balia del fascino dell’avere addosso un vestito verde sfoggiato con disinvoltura, abbinato a una lunga collana di perle e a scarpe con i tacchi color crema, il tutto parzialmente rovinato da calze a rete sotto le quali si vedevano i folti peli delle gambe.

Il padre di Ginevra per l’occasione si era fatto anche un’acconciatura adeguata e questo ha contribuito a non destare eccessivo scalpore tra gli intervenuti, dando l’impressione di appartenere a tutti gli effetti al genere femminile almeno fino a quando la prof Pavesi ha chiesto se in sala fosse presente il padre di Ginevra, al che il padre di Ginevra (non scrivo il nome perché trattandosi di un nome smaccatamente virile vi farebbe propendere di più sulla sua componente maschile e invece vorrei che prendeste le parti di un abbinamento di cromosomi o del suo opposto senza lasciarvi condizionare dalla storia) dicevo, il padre di Ginevra ha nascosto il viso nell’incavo del braccio appoggiandosi sullo schienale della sedia davanti.

Ma non è quel tiro mancino a far sentire il padre di Ginevra per la prima volta, nella giornata, fuori luogo. La sala riunioni che ospita l’incontro è a ridosso del colosso della grande distribuzione che ha cacciato i soldi per tutto l’ambaradan e, in una delle casse gremite dagli acquirenti pronti a pagare, aveva fatto capolino Claudio, l’amico comune (nel senso che lo conosco pure io) con la sua barba e il suo fare da uno che la sa lunga ed è di lui che il padre di Ginevra aveva provato un brivido di vergogna. Non posso farmi vedere vestito da donna dai miei amici, deve aver pensato, perciò capisce che è il momento di levare le tende, andare a casa a cambiarsi perché un padre di famiglia non può presentarsi al cospetto di una professoressa di sua figlia conciato in quel modo. Nel frattempo quello dietro al padre di Ginevra aveva fatto una domanda e la prof Pavesi si era avvicinata con la scusa di rispondere e farsi sentire senza un microfono e, avanzando tra il pubblico, aveva sorriso prima alla moglie e poi al padre di Ginevra senza lasciare intendere se avesse realmente capito la situazione oppure se avesse davvero creduto che lui fosse una donna, o comunque un’altra persona.

Ora però lasciatemi raccontare al presente perché, per rispettare tutta questa consecutio, si perde il bello della vicenda. Appena è fuori dal campo visivo della prof Pavesi il padre di Ginevra chiede indicazioni alla moglie su come uscire da quel labirinto, è risaputo infatti che il padre di Ginevra ha un senso dell’orientamento imbarazzante soprattutto in ambienti moderni e nei centri commerciali. Quindi si alza e se ne va, sperando di non incrociare Claudio. Si affretta per i corridoi, per quanto possibile con i tacchi, passa attraverso la hall che in quel frangente, per fortuna, si trova in penombra perché è stata trasformata in un teatro e sta per iniziare qualcosa.

Il padre di Ginevra raggiunge l’uscita salendo gli ultimi gradini e, proprio poco prima di uscire, qualcuno gli fa qualche apprezzamento sulla sua avvenenza, non si sa bene se per prenderlo in giro o perché come donna tutto sommato il padre di Ginevra non è da buttare via. Scende correndo la gradinata di accesso al complesso e la cosa è molto strana perché, magicamente, al posto delle scarpe con i tacchi si vede ai piedi un paio di Asics colorate da running, sempre di foggia femminile ma che comunque consentono di andare veloci.

Al fondo della lunga gradinata, al limitare della piazza sottostante, c’è una coppia di promoter uomini che regala coni gelato confezionati ma rivestiti completamente di bianco per non far riconoscere il brand. Dev’essere un’iniziativa di marketing tipo quella dei due fustini al posto di uno di una celeberrima pubblicità anni settanta, vi ricordate? Uno, quello che dà i gelati, è altissimo, veste un completo da uomo grigio ma calza scarpe da donna con i tacchi, bianche. Il particolare fa intuire al padre di Ginevra che c’è una sorta di reciprocità. Il promoter, che dei due sembra il capo, gli lancia un cornetto che gli cade ai piedi e il padre di Ginevra non sa se raccoglierlo, potrebbe trattarsi di un segnale di qualche tipo, oppure se continuare la corsa verso casa.

Il secondo promoter invece da qui, da dove sto vedendo la storia, non si riconosce perché segue il collega guidando una specie di chiosco mobile dai vetri fumé che impediscono di vedere dentro l’abitacolo. Da lì spunta un megafono con cui lancia slogan pubblicitari e dà suggerimenti all’altro sulle persone a cui dare il gelato, ed per questo particolare che il padre di Ginevra ha capito che il venditore con i tacchi non lo aveva riconosciuto prima, ma è stato quello nascosto a suggerire al collega di dargli un gelato come premio per l’originalità.

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