rimanere senza voce

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Il video di “Black Hole Sun” dei Soundgarden, che in questi giorni di lutto per la prematura scomparsa di Chris Cornell avrete visto un po’ ovunque, è di forte impatto per noi europei perché offre una sintesi di quella parte degli USA che poi ritroviamo in certi film indipendenti (quelli di Todd Solondz, tanto per fare un esempio; a proposito, se avete Netflix vi consiglio la visione del suo Wiener Dog) o in qualche autore statunitense di racconti per cui io vado matto e che vorrei tanto emulare nello stile. Non mi ha sorpreso quindi vederne l’intelligente versione di Blob su RaiTre di qualche sera fa (lo trovate qui su Rai Replay qualora ve lo foste perso): un mix del solito squallore televisivo italiano con il sottofondo della hit tratta da Superunknown ma in versione strumentale ed è da questo che sono rimasto invece meravigliato. Io ero rimasto alle basi MIDI fatte con i programmini che fanno le veci di chitarra e batteria con suoni artificiali, invece “Black Hole Sun” senza traccia vocale è tale e quale all’originale senza il cantato, del resto Chris Cornell ci ha appena lasciato e il messaggio, come vedete, mi è arrivato. Ma l’Internet che è dalla parte di noi curiosi che ne facciamo buon uso ha dato la risposta a questo dilemma: esiste una versione di “Black Hole Sun” senza voce disponibile su “Guitar Hero VI” e che trovate qui. Probabilmente non è una novità ma perdonatemi, non ci ho mai giocato e non ho idea di come possano essere le basi. Anzi, dalla qualità mi viene il dubbio che chi lo ha inventato e commercializzato ha stretto un accordo con artisti e case discografiche per avere versioni strumentali dei pezzi utilizzati, qualcuno in sala può confermarmi questa cosa? Se è così si palesa uno dei miei più spaventosi incubi che è accendere lo stereo, mettere la mia canzone preferita e accorgersi che qualcuno o qualcosa ha fatto sparire una traccia. La voce ma anche la batteria o il basso o le tastiere. Un fenomeno sovrannaturale che ai tempi dei canali stereo delle origini in cui si mettevano alcuni strumenti da una parte e altri dall’altra poteva anche essere plausibile. Ti saltava una delle due casse o qualcuno ti faceva lo scherzo mettendoti la manopola del balance tutta da una parte. Uno scherzo del menga, lasciatemi dire. E oggi, se la tecnica si fosse fermata al jazz o anche ai Beatles delle origini, potrebbe essere un problema comunissimo: non avete idea di quanti auricolari e cuffie, dai tempi del walkman Sony fino agli smartphone di oggi passando per gli ennemila lettori mp3 che si sono avvicendati nella mia vita, mi si sono guastati nel modo più antipatico per un amante dell’hi-fi come me, ovvero con uno dei due canali che smette di funzionare. Ma con le registrazioni di oggi fortunatamente se ascolti musica solo da una delle due parti te la cavi, tutto sommato, anche se in presenza di anomalie di questo tipo preferisco spegnere e aspettare il corriere di Amazon con gli auricolari nuovi.

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