Questa è una casa in cui c’è musica, quest’altra che vedete a fianco invece è una casa in cui non c’è musica. Anche se non c’è nessuna foto di riferimento è facile distinguerle. Il nucleo che vive nella casa in cui c’è musica ha il sorriso sulle labbra e, a certe latitudini, anche il ritmo nel sangue. Gli altri boh, davvero non so come facciano a vivere. Conoscevo una coppia che aveva rivestito le pareti della sala con una carta che simulava una libreria. Scaffali disegnati fitti di libri ordinati e posizionati con il titolo in bella vista. La cosa mi faceva sorridere perché poi in casa di libri veri ce n’erano ben pochi e so di per certo che non erano, come me, maniaci ossessivi dei prestiti interbibliotecari e a quel tempo vi assicuro che gli e-book non erano nemmeno nell’anticamera del cervello del loro inventore. Ma queste cose oggi non mi stupiscono più di tanto perché sono tanti i modi in cui si può accedere alla cultura.
Le case silenziose, quelle in cui non si sente mai musica, quelle mi fanno più paura. I nostri nonni avevano sempre la radio accesa, anche quando si facevano la barba in bagno si portavano quella a transistor che utilizzavano poi la domenica a spasso per gli aggiornamenti di Ciotti e Ameri. I nostri padri riempivano le loro stanze di musica colta dai nomi così impronunciabili che solo a sentirli i piccoli si rintanavano nei loro nascondigli dalla paura. Dietrich Buxtehude. Alexander Scriabin. Carl Orff. Ludwig van Beethoven. Noi ci davamo dentro con i Cure e i CCCP, ma questo l’abbiamo già detto e ridetto, allo stesso modo in cui abbiamo ripetuto più volte che il rock oggi è un passatempo per vecchi e che a nessuno interessa più ascoltare la musica con altre persone. Per questo non capisco gli investimenti che si fanno per dotare gli spazi pubblici o privati all’aperto di dispositivi per la diffusione sonora. La grande truffa dell’Out Of Home, o come si chiamava qualche anno fa quando il fenomeno è stato lanciato sul mercato nemmeno avessero scoperto la ruota, è che la gente vuole vedere e sentire cose ma per i fatti suoi in casa, poi però vai nelle case e vedi che non c’è granché.
Le radio sono spente, sono solo accesi schermi ultrapiatti e curvi dai colori che in natura nemmeno se ti fai di LSD li vedi così, con delle partite o al massimo dei cuochi che cucinano. A me piace mettere i dischi di sera, dopo cena, al posto della tv. Mentre sbrighiamo le ultime faccende per dare alla nostra casa una dignità entry-level mi piace ascoltare qualcosa, anche solo una facciata di un ellepi, ma mi rilassa e così mi corico molto meno agitato di quando guardo qualcosa in tv. Ora ho preso anche l’abitudine di accendere Lifegate la mattina mentre preparo colazione. Alla fine, anche se è una stazione radiofonica un po’ da anziani come me, è molto più sincera delle varie Virgin Radio o Radio Freccia, che trasmettono l’idea di rock che hanno quelli che vogliono passare per gente che se ne capisce di rock ma solo per venderti poi le solite canzonette. In generale, comunque, il mio motto è: meno cuffie e più casse. Solo così le vostre mura domestiche si permeeranno di musica e la musica non vi lascerà mai più.