Ieri ho fatto cinquant’anni e se lo scrivo oggi è perché nei blog di approfondimento come il mio non si punta sul sensazionalismo pubblicando news in tempo reale, un mestiere che lascio senza problema alcuno ai colleghi che si occupano di informazione o che sperano di cavalcare l’onda dei trending topic per raggranellare qualche clic in più. A me piace soppesare con calma l’argomento del giorno, confrontare tematiche, trovare fonti e documentarmi con cura, quindi pubblicare queste righe in cui dico la mia su cose di cui sono sufficientemente ferrato da non temere contraddittori, per esempio me stesso ma anche la musica. Non a caso pensavo di uscire ieri con un articolo dal titolo “i cinquanta dischi che dovete assolutamente avere se avete cinquant’anni” che ho anche iniziato a scrivere ma poi sapete come vanno le cose. Ho persino in cantiere da mesi un racconto con cui ho intenzione di partecipare a un concorso che scade alla fine del mese, ma anche quello giace incompiuto su Google Drive da un po’ di settimane. Comunque il pezzo sui dischi lo farò, magari in occasione dei cinquantun’anni tanto, alla peggio, un disco in più che cosa volete che sia.
In un post invece sui cinquanta dell’autore c’è ben poco da dire. Come tutti quelli che raggiungono questo traguardo mica da poco in un giorno feriale ho trascorso la mia festa in ufficio. Dovevo scrivere un articolo su un banca che ha adottato particolari tecnologie di sicurezza informatica ma poi ho pensato che il lavoro poteva essere messo in stand-by, almeno per qualche ora. Tempo fa ho tolto la mia data di nascita da Facebook perché trovo infastidente la ressa di buoni sentimenti che si accavallano quando tocca a te, ma considerando la tappa di vita che ho portato a compimento tutto sommato con profitto ho pensato di fare uno di quei post che usano adesso con lo sfondo colorato. Il primo della mia vita sui social, giuro che non ne avevo mai fatti. Comunque la cosa è andata piuttosto bene: alle quattro del pomeriggio avevo già accumulato 67 tra mi piace e reazioni varie e oltre 70 commenti di auguri, a cui per educazione ho messo il mio like di ringraziamento. Era difficile stare dietro a tutto questo traffico, per questo ho pensato che per qualche ora la sicurezza informatica e l’articolo a cui stavo lavorando potevano anche aspettare. Nonostante questo successo digital mi sono trovato però a pranzo da solo, nella cucina dell’ufficio, con una focaccia ai pomodorini, un’insalata con valeriana, mozzarelline di bufala e pomodorini e uno yogurt al pistacchio, tutto rigorosamente scelto tra i prodotti in offerta al supermercato qui all’angolo.
Ho ricevuto anche decine di email automatiche di auguri dai siti e dalle newsletter a cui sono iscritto, a partire dai sistemi di recruiting e di offerte di lavoro fino alla mia banca online, di cui sono estremamente soddisfatto malgrado, comunque, sia una banca. Poi ho ascoltato uno dei miei album preferiti del momento che è “Bloodflowers” dei The Cure e che ho scoperto grazie a Neogrigio (confesso di essermi fermato a “Wish” temendo un decorso compositivo di Robert Smith ma invece ammetto di essermi sbagliato, e so per certo che “Bloodflowers” sarà il cinquantunesimo disco nella lista dei “cinquanta dischi che dovete assolutamente avere se avete cinquant’anni” di cui sopra), disco il cui ascolto avevo preceduto con “Disintegration” venendo la mattina in treno in ufficio, e che ho assaporato durante la lettura di un libro che ha un titolo altrettanto distintivo in quanto a disperazione che è “Io sono l’ultimo”, una raccolta di aneddoti e pensieri raccontati in prima persona da partigiani – ormai vecchissimi – e inerenti la loro esperienza durante la guerra di liberazione. La riflessione che ho tratto da tutto ciò non vuol essere però un bignami del vittimismo, anche se potrebbe sembrare e anzi ringrazio Massimo per il bottiglione da 1,5 litri di birra che mi ha regalato e che è stata l’unica cosa che ho ricevuto. So che la colpa è di quelli come me che non seminano nulla nelle amicizie, è che ogni tanto fa bene annullarsi individualmente. Voglio dire, ieri mia figlia ha portato a casa un bellissimo voto in algebra che non vuol dire niente ma credo sia più di un caso, un qualcosa che mi ha dato ragione. È bene che a cinquant’anni il focus e l’attenzione non sia più su quello che siamo o quello che facciamo o quello che non riceviamo, ma sia sul prossimo, chiunque esso sia. È dal prossimo che dobbiamo trarre soddisfazione, non da noi stessi. Io ho scelto lei, cosa volete farci. Vi aspetto il prossimo dieci maggio per vedere se ci sono stati sviluppi e buon compleanno ai nati l’undici maggio.
Ecco a me ne mancano ancora tre per arrivare lì, ma già guardo al prossimo e siccome il prossimo mio ora sei tu, io gli auguri te li faccio.
Io ne ho 41 però me ne sento 75…