Noi frequentatori abituali di Facebook abbiamo due grandi vantaggi nelle relazioni: intanto possiamo farci i fatti degli altri come mai accaduto nella storia dell’uomo animale sociale e, volendo, osservare la vita delle persone con cui siamo in contatto da un punto di vista nuovo che è quello delle loro interazioni con gli amici che hanno, in comune e non. Il secondo plus è venire a conoscenza delle abitudini, delle passioni, degli hobby e del modo di trascorrere il tempo al di fuori della sfera in cui li conosciamo e frequentiamo, e intendo la vita privata di chi conosciamo pubblicamente e, viceversa, la vita pubblica di chi conosciamo privatamente. L’esempio più classico è il collega bonaccione che posta i video di gruppi dall’inequivocabile stampo neonazista, il fornitore che fa le foto alle ragazze svestite, la mamma del compagno di classe di tua figlia che crede alle streghe o la cugina in seconda di tuo marito che arrotonda lo stipendio spacciando prodotti di bellezza fintamente naturali con la logica della vendita piramidale.
Da questo punto di vista Facebook è un’ancora di salvezza perché certi anfratti nascosti della gente difficilmente si riescono a scoprire nel contesto abituale. Diverso è quando necessariamente vengono allo scoperto grazie alla rete di relazioni che permette una vista a tutto tondo sugli individui. Non è sempre un decorso o un risvolto negativo, nel senso che su Facebook si possono anche fare scoperte sorprendenti tali da aumentare la stima di chi conosciamo solo parzialmente. Gente che non diresti mai che si spacca di volontariato, passa giornate a visitare grotte tutta bardata da speleologa, giornalisti nerdissimi che saltano da una maratona all’altra con una leggerezza più che invidiabile, muffonazze che ascoltano la tua stessa musica, conoscenti timidissimi che online si trasformano in simpatici logorroici, geometri casa e chiesa che bestemmiano sul web, serissimi ingegneri che postano foto di boccali di birra a metà, in ogni momento della giornata, e che prima di mettergli in mano la sicurezza informatica della tua azienda, in effetti, ci penseresti due volte. Io credo di esser sempre stato invece trasparente, anzi fin troppo banale: letteratura americana, musica, gatti, famiglia, sociologia della comunicazione, stupidaggini, un po’ di architettura, corsa ignorante, tecnologia, social network ma, se ho dimenticato qualcosa, datemi una mano voi a completare la lista.
ti leggevo e pensavo alla tua stessa conclusione. Mi sento terribilmente trasparente. Farà male alla pelle?
Be’, aggiungerei “storie stupefacenti della compa non troppo recente” o anche “vicini di scrivania o di scompartimento e altre bestie” 😉