chi viene dopo Grazia e Graziella? Per saperlo leggi qui.

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Sul lavoro ci si ringrazia per qualunque cosa con il risultato che quella che potrebbe sembrare una civilissima pratica di buona educazione si è trasformata in una risposta convenzionale da non negare a nessuno e, come tutte le cose soggette a sovraesposizione o rilasciate in quantità industriale, ne esce svilita, svuotata, svalutata e snaturata. L’esempio più eclatante di questo fenomeno è il fatto che ogni e-mail si deve chiudere con un bel grazie ma, considerando che ce ne scambiamo a dozzine quotidianamente con lo stesso destinatario, al grazie finale diamo l’importanza di poco superiore a un qualsiasi segno di interpunzione sul cui uso in contesti di comunicazione elettronica, peraltro, ci sarebbero interi manuali da scrivere ma chi sono io per insegnare a voi l’utilizzo delle virgole, tanto per fare un esempio?

Comunque la cosa ha preso piede e mandi un file e ti ritorna un grazie, fornisci un aggiornamento e ti ritorna un grazie, condividi qualcosa e ti ritorna un grazie ma il problema è che quello è il tuo lavoro e allora, se devo essere ringraziato per ogni aspetto in cui si declina la mia professionalità, tanto vale mettermi un’insegna al neon rossa con su scritto a caratteri cubitali THANK YOU sempre accesa qui davanti e a posto così. Anzi no, datemi un bell’aumento di stipendio e vi abbuono dal ringraziarmi per i prossimi due o tre anni. Il lato oscuro di questa vicenda è che siamo talmente assuefatti dal ringraziare cani e porci per qualunque nonnulla che abbiamo preso anche a ringraziare anche quando non dovremmo, anche quando magari anziché dire grazie dovremmo mandare a quel paese e persino in casi in cui proprio non c’entra nulla e il ringraziamento suona come un “grazie solo per il fatto di considerarmi un referente di qualcosa, un’entità dotata di casella di posta elettronica che ha conquistato un livello evolutivo superiore alla risposta automatica”.

Così, come una qualunque sostanza che, lasciata con la sua confezione aperta, ha perso il suo principio attivo o la sua fragranza, quando ci capita di essere a contatto con qualcosa di veramente speciale, altruista o degno della considerazione altrui, da un po’ abbiamo preso l’abitudine di dire o ricevere il “grazie di cuore” perché non si sa bene in che modo ma la nostra scorta di riconoscenza genuina la conserviamo lì, in uno scomparto speciale come quelli dei frigoriferi moderni, isolato dagli altri, in cui è possibile impostare una temperatura diversa. Infine, per chiudere, dei vari grazie mille o l’improbabile grazissime che spopola sui social network potete tranquillamente farne carta straccia o tenerli in un cassetto insieme alle altre banconote fuori corso, chissà che un giorno guarderemo anche questi buffi modi di dire come un cimelio vintage di cui vantarsi con i propri nipoti ma, a dirla tutta, spero di no.

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