Non è solo l’industria culturale a essere stata drasticamente messa in un angolo dal digitale e dall’analfabetismo di ritorno causato dalla sovraesposizione ad esso a cui siamo soggetti. Provate a tenere dei soldi in mano e a sostare davanti a una vetrina di un negozio con una cosa che desiderate fortissimamente in bella mostra, e provate a fare lo stesso con la carta di credito, un sito di e-commerce e solo un clic che vi separa dall’acquisto. Provate a pensare ai vostri risparmi in banconote dietro a una piastrella della cucina, come facevano i nostri nonni, contemplando lo spessore delle mazzette, e descrivete invece la vostra sensazione osservando la cifra che ne indica l’entità sulla home page personale della banca virtuale di cui siete clienti. Il valore dei soldi è equivalente? Probabilmente no, e forse è anche cambiata la scala delle priorità e la posizione ricoperta in questa scala dalla merce rispetto alla valuta. A me, per dire, i pacchi di Amazon sembrano sempre dei doni di Babbo Natale anche se li ho pagati un botto. Il passaggio dei dati relativi alla transazione che mi ha permesso di comprare qualcosa non mi dà nessun fastidio fisico rispetto alla voce soddisfatta del negoziante che ha appena concluso l’affare con me e a quello che provo riponendo lo scontrino nel portafoglio, che è sempre bene conservare in caso di pentimento. Ma voi riportate indietro al negoziante soddisfatto le cose che non vi soddisfano dopo qualche giorno perché volete indietro i vostri soldi? Comunque potremmo provare a sperperare tutti i nostri risparmi qui sul web e vedere se poi esiste un’estensione di Chrome che riesce a riempirci la pancia solo con il nostro girovagare in rete.