prove aperte

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Non so poi se avete mai assistito alle prove di un complesso famoso, gente che suona sul serio e che, come me e voi, prima di un tour si esercita in modo da affrontare il palco nel miglior modo possibile. Vi posso dire che i Depeche Mode fanno le prove in una specie di ufficio e della formazione che conosciamo tutti, in realtà, è presente solo Andrew Fletcher, che svolge le mansioni equiparabili a quelle di un responsabile della produzione. Il resto è composto da quattro o cinque addetti ai sintetizzatori di cui uno dotato di un microfono che canta le melodie delle canzoni in modo da consentire alla band un riferimento concreto sui cambi, quando finire, quando interagire con il pubblico eccetera.

Come faccio a saperlo? Me lo ha raccontato il solito Giacomo, descrivendomi nei dettagli la strumentazione che, se siete fanatici di synth come me, è da favola. Ci sono modelli di tutti i tipi, vecchi e nuovi, analogici e virtuali. Addirittura uno che giura di non aver mai visto, composto da una superficie con un unico pad e che, a seconda di come lo colpisci con i polpastrelli, emette suoni con timbri e altezza diversi. In tutto ne ha contati una trentina, con una media di cinque o sei a testa.

Giacomo lavora in una agenzia di PR e sapete come sono, lì si hanno spesso agganci con il mondo dello spettacolo. Lo hanno invitato le sue colleghe ad accompagnare un loro cliente che avevano omaggiato proprio di una giornata alle prove dei Depeche Mode e Giacomo che, come me, stravede per loro, si è giustamente imbucato. Dice che per entrare in sala prove ha dovuto indossare l’elmetto di plastica, quello di sicurezza, ma che poi per il caldo se lo è tolto e nessuno gli ha detto niente. Come al solito le sue colleghe sono arrivate in ritardo, a prove già iniziate, e per sistemarsi sui divani intorno alle scrivanie gremite di sintetizzatori sono passate in mezzo alla stanza e hanno persino disturbato i musicisti. I Depeche Mode hanno suonato qualche pezzo e poi, come accade sempre nelle sessioni di prova, hanno fatto una pausa. Giacomo allora è uscito in una specie di sala d’aspetto dove ha incontrato Martin L. Gore con cui ha scambiato qualche parola in italiano, dice che lo parla abbastanza bene.

A quanto sembra, è tutta un’altra cosa rispetto a quanto mi raccontava Luca che partiva da Genova per andare a vedere le prove dei Litfiba a Firenze. Si metteva gli stivali di gomma da pioggia neri perché era inverno e, comunque, non gli rovinavano il look. A me hanno invitato solo una volta, invece, ad assistere alle prove delle Voci Atroci, un quintetto vocale a cappella genovese guidato da Andrea Ceccon. Provavano in casa sua e, nell’attesa che arrivassero tutti gli altri, Ceccon preparava il minestrone e ogni tanto imbracciava la chitarra acustica o la tromba per ultimare una nuova composizione. Quando si sono trovati al completo, si sono seduti al tavolo della sala da pranzo e hanno cominciato all’improvviso, tutto qui. Un’altra cosa, certo, rispetto ai Depeche Mode. Ci ho pensato molto fino a quando li ho sognati anch’io come è successo a Giacomo, e ho trovato così il suo racconto piuttosto verosimile.

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