Ho iniziato a temere la morte di mio papà quando avevo quattordici e rotti anni e mio padre più o meno l’età che ho io ora. Lo ascoltavo ascoltare le solenni composizioni per organo dei suoi musicisti preferiti e, forse per l’atmosfera che percepivo, avevo paura che invecchiasse già allora, e se tenete conto che poi è campato fino agli ottantacinque potete fare due calcoli su quanto sia stato precoce nella mia ansia e quanto tempo abbia trascorso a preoccuparmi inutilmente.
Stamattina ho partecipato al funerale di un papà, un mio vicino di casa che ha posto fine volontariamente alla propria vita e osservando i figli, poco più grandi della mia, mi sono messo un po’ a frignare ma di nascosto. Tutti noi genitori auguriamo ai nostri figli di non restare mai orfani almeno fino a quando il nostro corpo non ne potrà più di cose come la demenza senile o degli inverni e della debolezza della vecchiaia, ma vi giuro che non è tanto per un discorso egoistico che è facile da capire. Ci sono due ragazzi che cresceranno con questa esperienza. Magari la madre, giovane vedova, si rifarà una vita ma capite bene sarebbe stato meglio se le cose fossero andate diversamente.
I funerali in chiesa, poi, sono il teatro degli annosi scontri silenziosi tra le coscienze dei non credenti e le parole dell’officiante. Ci sono quelli che addirittura restano fuori con le braccia conserte mentre dentro si svolge la cerimonia, un atteggiamento di sfida degno degli abitanti di Brescello che mi sembra sin troppo ardito. Con tutte le messe a cui ho assistito da bambino e catechista conosco la liturgia a memoria, sia da una parte che dall’altra dell’altare, ma non è per questo che quelli come me invidiano i praticanti. Piuttosto è nella loro forza di sapersi dare delle risposte secondo la loro fisica, la loro chimica, le loro scienze che hanno alla base un elemento invisibile che noi non credenti facciamo fatica a figurarci.
Insomma, ci sono tante cose che vorremmo sapere e non solo il criterio per cui sono stati implementati strumenti di dolore come la leucemia o le guerre o certe radiazioni che ti bruciano in quattro e quattr’otto, ma anche domande più terra a terra come se è vero che c’è qualche vantaggio a essere democristiani o se sussiste realmente una relazione tra la masturbazione e i voti pesantemente negativi di latino che prendevo in seconda liceo, o se semplicemente era un caso perché erano oltremodo frequenti sia i compiti in classe sui verbi che le sessioni di masturbazione o, in generale, queste toglievano tempo allo studio della materia e quindi non c’era nessun intervento divino, semplicemente era tutto dovuto alla mia voglia di non fare un cazzo.
In sintesi, ammesso che ci sia una cosa che noi piccoli ammassi di roba al carbonio non possiamo nemmeno immaginare, davvero ad avere dei dubbi si rischia un futuro eterno pieno di difficoltà di integrazione con il resto delle anime immacolate? Questo ente incommensurabile a cui in qualche modo apparteniamo veramente se la prende se penso a una bestemmia perché quello dietro in auto non mi lascia sufficiente spazio per far retromarcia e parcheggiare nel posto al quale aspiro al ritmo delle quattro frecce?
“voglia di non fare un cazzo.”
Nel caso di specie facevi il tuo 😀