Amarsi significa rispondere di tante cose ma anche rispondere a tante domande se non a semplici chiamate reciproche. Nelle coppie consolidate ci si chiama l’un l’altro con una frequenza che non credo abbia eguali in natura. C’è persino un filone dell’architettura residenziale che impone tra i suoi principi base lo spessore delle mura domestiche portanti in relazione alla necessità contenitiva delle chiamate a vuoto tra le persone che vi abitano e si amano, così, solo per vedere se il partner c’è, risponde, è ancora vivo, manda un feedback qualunque di conferma. Per questo si è largamente diffuso l’uso dei dispositivi conta-chiamate portatili, i più comuni sono da polso, che registrano la frequenza degli scambi in cui la fonte sonora chiamante – ampiamente programmabile – pronuncia il nome del ricevente della chiamata. Più facile captare le domande compiute, Gianni fai questo? o Carla mi prendi quello? o Gigi metti a posto qui? o Gioia sistemi lí prima di cena? Invece quelle incompiute continuano a rimanere un mistero e nessuno riesce a formulare un’ipotesi convincente. Vero, amore? Amore?
Prima o poi avremo un cicalino con l’avviso di chiamata in caso siamo occupati coi figli, altri grandi invocatori d’attenzione