La soglia della disponibilità alla spesa dell’elettronica usa e getta ormai si avvicina ai cento euro. Questo è quanto siamo pronti a sborsare senza battere ciglio per un marchingegno digitale qualsiasi come dispositivo da battaglia, di riserva o da mettere a disposizione di mani inesperte. Una prima macchina fotografica digitale da regalare a un ragazzino, uno smartphone di back-up da usare giusto il tempo in cui portiamo a riparare quello ufficiale, un tablet giusto per togliersi lo sfizio di averne uno e vedere come funziona. Tutto ciò in un sistema in cui i bisogni indotti sono cresciuti a dismisura e, complice il passaggio alla moneta unica e il conseguente cambio di valuta, sono completamente sballati i parametri dei punti di riferimento oltre i quali un prodotto ci sembra caro. O forse siamo più scialacquatori di una volta, o ancora magari siamo più ricchi e il classico stipendio da uno e quattro che una volta era un ambitissimo due milioni e ottocentomila lire è davvero uno standard ma piuttosto alto solo che noi non ce ne rendiamo più conto ma ci sentiamo poveri e basta, mentre duemila e ottocento euro sono oggigiorno una retribuzione da manager. Ma il punto è quanto sia cambiato il valore che diamo ai soldi, alle cose e al rapporto che lega gli uni alle altre. Perché, cioè, lesiniamo su tutto ma a buttare cento euro per l’hi-tech non ci pensiamo due volte. Pensate poi a quanti ragazzini incontrate in giro, ciascuno con l’iPhone in mano, e al di là della dipendenza dal brand, la mia considerazione è che se un dodicenne ha addosso un bene da quattrocento euro minimo, come noi alla sua età brandivamo i gelati Toseroni, occorre farsi qualche domanda, anche se mi spiace se vi sembrerò un po’ bacchettone. Intanto perché siamo disposti ad acquistare cose di così alto valore a dei bambini e perché lo consideriamo un gesto normale. I bambini poi che standard di valore da attribuire a prodotti ma anche ai gesti – per non parlare della fatica e del lavoro dei genitori e del mondo degli adulti tout-court – impareranno ad adottare? E, di base, perché ci siamo lasciati così tanto stregare dall’elettronica?
perché l’elettronica è un gioco. Il gioco per adulti, socialmente accettata, in cui si può pure essere competitivi.