Se comunque ti rivolgi allo sportello delle persone che stanno male l’impiegata ti risponderà che sono tante le persone che è costretta a respingere e a indirizzare verso lo sportello delle persone che stanno bene, magari dopo aver pazientato in una coda più lunga di quella dei Musei Vaticani ma non è certo un problema di chi lavora a contatto con il pubblico. L’autocertificazione che il Ministero della Semplificazione ha introdotto – e che peraltro va incentivando – va bene all’anagrafe ma questo è tutto un altro paio di maniche. D’altronde trasmettere il malessere interiore (o il benessere, ma chi non ha guai difficilmente trova il tempo per le pratiche burocratiche) con il portale messo a disposizione dal governo Renzi è complesso e gli standard sintomatologici nelle scelte a opzioni multiple non coprono tutta la casistica di disturbi quali la depressione, il disagio, il semplice sentirsi fuori luogo per non parlare di un generico spleen che probabilmente la politica (ma anche l’antipolitica) pensa che sia uno di quei beveroni dozzinali da apericena. Certo che l’idea non è male, però, e perdonate la digressione. C’è lo spleen con l’Aperol, lo spleen con il Campari e persino quello con il Martini e potrei chiedere all’impiegata allo sportello se le va di prendere uno spleen insieme, una di queste sere. Comunque, tornando al discorso di prima, questo scherzetto tra code e modulistica digitale programmata – passatemi il termine – con il culo ha fatto sì che un sacco di gente è rimasta fuori dalle graduatorie peggio di un concorsone qualsiasi per la scuola pubblica. E come era facile da supporre, decine di migliaia di persone malinconiche stanno bombardando di ricorsi il TAR del Lazio come se fosse semplice, per la Giustizia Amministrativa, valutare cosa c’è nella cassa toracica che opprime così tanti cittadini che pagano le tasse.