stiamo perdendo

Standard

Sull’1 a 0 è evidente che abbiamo perso un’occasione lunga quanto la vita che abbiamo vissuto ma forse è solo il caldo che ci butta giù. Il raddoppio non lascia scampo: stiamo perdendo tempo a fare cose che non vorremmo fare, tanto per usare la filosofia da tanto al mucchio di Jep Gambardella. Anzi, considerando la metafora calcistica, questa vita è una melina, è un susseguirsi di passaggi al portiere, vediamo persino la tristezza nelle facce delle case in cui gli occhi sono le finestre con le tapparelle a mezz’asta e la bocca è la porta del garage. Almeno non ci criticassero con il catenaccio, ma starsene sulle difensive non ha senso quando soccombi, tanto vale ritirarsi. Poi c’è il tre a zero che significa che ci siamo giocati tutta l’autorevolezza. Almeno perdessimo la pazienza e imbastissimo una reazione come si deve. Uno scatto di cattiveria. Un rigurgito di orgoglio. Niente. Finisce il primo tempo ma il mister non si spreca a fare nemmeno un cambio. Pochi minuti dopo il calcio d’inizio della ripresa e siamo sotto di quattro gol che poi è il segnale della perdita del piacere, quello fisico, quello dei sensi e senza andare tanto per il sottile si perde anche altro. Persino il gusto. Mangiamo per riempire lo stomaco o poco più. Il tatto si scontra con le dita gonfie per la circolazione. La vista è già da un po’ che è sotto osservazione, anche se osservare è sempre più faticoso e sfocato e l’allontanare le cose per capirle è una metafora azzeccatissima del problema. Delle frequenze dell’udito che abbiamo lasciato in sala prove o sotto il palco dei Killing Joke ne abbiamo già parlato. Fino a quando ci si mette pure l’arbitro che ci dà un rigore contro, che siamo pronti a criticare e facciamo di tutto per farcelo togliere nemmeno fosse una multa. Quel che è stato è stato. Finisce così con un netto cinque a zero e questa volta, davvero, abbiamo perso la partita. Non c’è stata storia: chiamatela manifesta superiorità, chiamatelo agonismo, ma io sono convinto che abbiamo proprio sbagliato campo. La vita lasciamola a chi non si dà pace per i tempi regolamentari e risolve la situazione a suo favore anche al novantaquattresimo, con la stessa concentrazione con cui è entrato in partita e senza nemmeno un filo di sudore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.