Qualche giorno fa, parlando della temperatura criminale che si trova frequentemente nei nostri uffici, ho dimenticato di aggiungere alcune considerazioni a valle di questo fenomeno, un trend che impone ampi sforzi di miglioramento visto che la situazione è grave per tutti. Non è raro per esempio trovare nelle aziende stanze di una manciata di metri cubi vivibili con una densità abitativa superiore a certi quartieri di Shanghai. Questo genera condizioni lavorative abbastanza infelici, e in tema di gradi percepiti – non ne faccio una questione di decibel per le conversazioni estemporanee tra colleghi – mi soffermo solo sul fatto che se già fa un caldo porco, stare in sei con almeno sei pc e una decina di monitor (quei bastian contrari dei grafici devono usarne almeno due) l’ambiente diventa ostico ai limiti dell’impossibile. Mettici anche qualcuno a cui il caldo non gli giova in termini di odori corporei (potrei anche essere io, non voglio puntare il dito contro nessuno) ed ecco che tutto l’entusiasmo per lo smart working va a farsi benedire.
Ma, puzza a parte, la cosa peggiore è il calo della produttività di quelli come me. A me lavorare in queste condizioni genera sonnolenza, abbiocco, mi si chiudono gli occhi ma sul serio, nel vero senso della parola. Se siete di quelli che non si addormentano in ufficio soprattutto dopo pranzo vi invidio moltissimo. Secondo me c’è lo zampino dell’età o forse dovrei mangiare più leggero. Ma a partire dalle 15 devo lottare contro il me stesso che si sdraierebbe anche solo per una quindicina di minuti per addormentarsi. Spero che i miei colleghi non mi becchino mai quando mi assopisco seduto davanti al pc dopo pranzo, quando mi cade la testa, loro sono più giovani di me e questo non gioverebbe alla mia autorevolezza perché passerei più anziano di quello che già sono. O forse è una questione di feng shui professionale, la disposizione di scrivanie, scaffali e poltrone con le rotelle non è la più azzeccata e anzi, favorisce il sonno. Addirittura c’è un punto che è proprio a fianco dell’art director, dove prendo posizione quando devo lavorare in team con lui per una campagna pubblicitaria, in cui il tempo di aprire due file in alta risoluzione con Photoshop che sono già nel mondo dei sogni, ci dev’essere cioè una convergenza di onde di chissà quale natura che mi fa precipitare in un’altra dimensione, molto più felice di quella in cui sono costretto a lavorare a fianco del mio art director.
Quindi qui è dove mi date tutti i consigli per non crollare dal sonno in ufficio, fermo restando che alla pennichella sul divano dell’area relax, in reception o in sala riunioni non ci vedo proprio nulla di male, probabilmente perché è vero che con la senilità cadono anche certi freni inibitori e un giorno o l’altro mi troverete pure addormentato su questo blog.
Fratello! (di pennica)
zzzzz
Hahaha, questo post è meraviglioso, a partire dal titolo ma che te lo dico a fare!
Buongiorno a te Plus!
Avevo questo problema fino a due anni fa circa, poi ho cambiato ruolo e adesso non rischio più di addormentarmi ma l’infarto
ciao miss, ora mi preparo la colazione
quindi routine > stress?
Esatto. Nel mio contesto lavorativo, le attività si dividono in monotone (in quantità inesauribile) e urgenti (da finire il giorno prima)
Mi risolvono il problema i colleghi, con quella “questione di decibel per le conversazioni estemporanee” che mi impedisce di dormire anche se la notte prima ho fatto solo 4 ore di sonno.
questo fa di te un’eroina, ai miei occhi
qui open space (gelido d’inverno, bollente d’estate) e quando me la vedo brutta, ma molto brutta, mi chiudo in bagno dieci minuti a fare la pennica. Se ti addormenti di brutto ci penserà qualcuno che ha urgenze fisiologiche a svegliarti
Io ‘sta cosa del bagno che dice Pendolante la prenderei seriamente in considerazione. Se l’aria in ufficio poi è mefitica come dici non noterai la differenza….
🙂
tenete conto che ad addormentarsi in bagno c’è il rischio di cadere giù dalla tazza e pestare la testa contro la ceramica
Dilettante! È uno studiato gioco ad incastro tra la maniglia per i disabili, il mega porta carta igienica e il lavandino 😀
Bisogna essere troppo professionisti, non penso di farcela…
Più che altro una che lavora in un open space dove il bisbiglio e/o la conversazione urlata (dipende da quanto è distante il malcapitato oggetto della conversazione) sono una regola di vita
equilibristi del letargo 🙂