Non so dove abitiate e ognuno di voi dovrà ben fare il conto con vari fattori che riguardano latitudine, altezza sul mare, corrente del golfo e tutti quei fenomeni che si studiano in geografia sin dalle elementari. A tutto ciò ci tocca aggiungere uno degli hot topic del momento e, mai come qui a proposito di questo argomento, è proprio il caso di dirlo. Ma io vorrei porre la questione da un altro punto di vista che sta nei pressi di come, più che il clima, stanno cambiando i costumi. E il fatto che comunque faccia sempre caldo potrebbe proprio far chiudere la questione qui, sui costumi ma quelli da bagno. Sta di fatto che anche quest’anno quei bei maglioni che si vedevano in certi videoclip di matrice anglosassone, penso ad esempio ai Wang Chung di “Dance Hall Days” che immagino ricorderete tutti
oramai non sono altro che cibo per le tarme e nutrimento per i nostri ricordi di un bel mondo antico che non esiste più in cui si doveva combattere con mani e piedi freddi, raffreddori e funzionali look a cipolla con mille strati da sfogliare a seconda dei gradi percepiti.
E vi dico questo perché sto scrivendo in mutande e maglietta, scalzo a piedi nudi su un pavimento dozzinale e scusate la visione trash della cosa, il punto è che ci restano cassettiere colme di abbigliamento invernale che oramai non possiamo più indossare e che anno dopo anno non buttiamo mai perché viviamo nell’illusione che tutto torni come prima. La nostalgia del secolo scorso non si manifesta solo per la società, la politica, cultura e musica a parte i Wang Chung di “Dance Hall Days”, ma riguarda anche quella separazione alla Kierkegaard tra le stagioni che era la principale certezza che avevamo. Non a caso, da quando è venuta meno ci troviamo molto più destabilizzati di quanto non ci rendano tali l’assenza di un partito di sinistra o di uno stato sociale o di David Bowie.
Così fa sempre troppo caldo e le caldane dell’andropausa non c’entrano. Fa sempre troppo caldo in casa, per strada, al lavoro e nei locali pubblici tanto che anche concetti come il cambio degli armadi risultano obsoleti. Io le t-shirt non le metto nemmeno più via d’inverno, per dire, perché in tutto questo fenomeno di trasformazione globale che chissà dove ci porterà, l’unica cosa che è rimasta tale e quale ai valori del novecento sono gli impianti di riscaldamento e alcuni inquilini dei cosiddetti piani esterni dei condomini – generalmente i primi e gli ultimi – che vivono ancora in piena guerra fredda e impongono temperature centralizzate infernali. Una situazione che io purtroppo non vivo solo in casa e che mi costringe a rinunciare ad alcune abitudini a cui sono affezionato a partire da film visti sul divano sotto al plaid, piumoni siberiani a letto e calzettoni da montanaro. In ufficio la cosa non cambia di molto e già in camicia a metà pomeriggio inizio a sudare come un maiale.
Fate tutti ciao quindi al global warming di cui è vent’anni che parliamo senza sapere bene di cosa si tratti. Tra le conseguenze del riscaldamento globale c’è l’aver trasformato un posto tutto sommato settentrionale come Milano in una spiaggi caraibica (e la presenza massiccia di sudamericani in giro giuro che non c’entra nulla) in cui uomini, donne, vecchi e bambini vivono gli ambienti interni in maglietta dodici mesi l’anno, un fenomeno che ha i suoi pro e i suoi contro. E quando vi vedo in giro ancora intabarrati nei vostri berrettoni di lana calcati sul naso quando ci sono dieci gradi mi chiedo davvero dove andremo a finire. Corriamo ai ripari, rimbocchiamoci le maniche anzi no, in t-shirt mica si può a meno che non abbiate quella discutibile abitudine di girarvi le maniche della maglietta sopra le spalle che davvero, non si può guardare.
Ah… le maniche della maglietta girate sopra le spalle, un salto nel tempo.
Quest’anno qui l’inverno non è mai arrivato… in un certo senso devo dirti che ne sento la mancanza.
Ciao Plus, buona giornata!
sta scrivendo in mutande e maglietta, scalzo? Non sei in ufficio suppongo… io avevo maglioni anni ottanta con quei torciglioni terribili, ma assai caldi che oggi ci schiatterei dentro dal caldo e, diciamocelo, non rendevano grazia alle forme femminili, ma con il calzettone in tinta arrotolato facevano figo … il colore ovviamente fosforescente
pendolante, come tutti avevi il tipico maglione ” zerbino “! e, negli anni settanta, ottanta e novanta ne avevo, anch’io, a iosa.
la cosa che non capisco è perché nella tanto civile milano non ci siano riscaldamenti autonomi in ogni casa. sono settimane che non riscaldo più casa per via dei venti gradi costanti di ogni giorno, fuori casa! tempo di schifo, anormale. e allergie come se piovesse. 🙁
Terribili
a me viene in mente Arthur Fonzarelli, spero però ci sia qualche riferimento più autorevole 🙂
no, ero a casa. In ufficio è da anni che chiedo un catino per poter stare con i piedi a bagno ma non mi hanno ancora esaudito. Io adoro quei maglioni con la zip che si vedono nelle bancarelle finlandesi alle fiere dell’artigianato, non so sei hai presente
ma invece i maxi-pull (maglioni femminili usati come abito con una cintura in vita) nei primissimi ’80 ve li ricordate?
Le case nuove (e da queste parti costruiscono di brutto) sono tutte in classi energetiche altissime con il riscaldamento autonomo sotto il pavimento. Casa mia è di vecchia concezione, ma so che stanno per imporre (finalmente) ai condomini l’uso di meccanismi per auto-regolare la temperatura
Finlandesi? Mi vengono in mente solo i peruviani 😐 quando ti forniranno la bacinella fai un selfie dei piedi a mollo
Ciao: io anche stamattina sono uscito con il berretto di lana. Non ho capito se sia per colpa del fatto che non ho il riscaldamento centralizzato o della calvizie ormai incipiente.
dipende da dove abiti. Dove abiti?
A Milano, ovviamente!
io non ho mai dismesso il piumino leggero, quest’anno
io ho quello pesante! ho vinto???
si ma devi postare una foto
Ma ti pare che pubblico una foto???!! 😂😂 Hai presente il mio Blog? Se faccio sapere anche chi sono, mi menano 😲
se clicco sul link legato al tuo nick vado in una pagina non esistente. Qual è l’indirizzo giusto?
fifmblog.wordpress.com.
ah scusa ho capito, non avevo collegato autore e blog
però solitamente avevano un valore altamente affettivo perché erano stati confezionati in ordine di acquisizione: 1) dalla mamma – il mio, memorabile, era lavorato cannolè, una cosa che non ti dico! 2) dalla suocera – la mia, appena proclamata, potevo scontentarla? 3) fatto a mano da te, imparaticcio, fatto con il ferri almeno del 6 per sbrigarsi in fretta! ah, quasi quasi ci monto su un post! 😀
e come no? mai portati
sotto il pavimento?!? buono per le vene varicose! be’ almeno potete regolare alla bisogna!
I miei erano “comperi”, però mi facevano le sciarpe
le sciarpe sono un must del tricot!