Se avete tutti il vostro file di Excel aperto sul pc facciamo un veloce update mensile delle cose che ci danno soddisfazione, che è un po’ l’equivalente evoluto di quando ci facevamo i grafici sulla carta millimetrata di come andavano le cose. Un costante alternarsi di alti e bassi così ravvicinati che alla fine il risultato era una specie di elettocardiogramma anzi, quelli più bravi in applicazioni tecniche tiravano fuori eccellenti sinusoidi ripassate con il rapidograph da dieci in pagella. A cinquant’anni invece la cosa si risolve con un paio di colonne di un foglio di calcolo: a sinistra un frettoloso elenco di quello che offre la vita e a destra una cella barrata o meno, tanto che questo tipo di aggiornamento si sa che è più una forma di contabilità esistenziale, non si sa mai che qualcuno debba avvicendarsi nella gestione del nostro corpo ed è più efficace, da un punto di vista operativo, accelerare il passaggio di consegne. La cosa è semplice: investire terze parti della responsabilità della propria soddisfazione è più rischioso di una qualunque mossa azzardata in borsa perché, giustamente, ognuno persegue un po’ quello che gli va. Gli stakeholder della vita di un individuo – anche se minorenne – è giusto che si riducano a un numero dispari inferiore a due. La gestione a più mani è superflua quando non è dannosa ed è piuttosto comune che in questo caso gli obiettivi non coincidano. Quindi lasciamo le azioni in nostro possesso al diretto interessato e mettiamo un po’ di ordine dentro di noi. Il lavoro è una merda? Le prospettive sono poco meno? La curva risultante tra aspettative verso realtà tende inesorabilmente verso l’asse delle ascisse? Siete già nel quadrante sotto? Il problema è proprio nell’identificare da dove siamo partiti, chi diamine ci siamo creduti di essere, chi ci ha detto che nella vita bisogna diventare qualcuno, dove sta scritto che l’accezione di sopravvivenza è qualcosa di diverso dal vedere costantemente un valore positivo sul proprio conto corrente da cui distillare il necessario per il sostentamento di sé e dei propri cari e basta, e soprattutto che tutto ciò abbia una venatura opposta. Per cui facciamo questo esercizio per accendere l’interruttore della realtà e tornare con i piedi per terra. Siete pronti? Uno, due e tre.
Uno, due e tre.
Il titolo è meraviglioso, cose che solo tu… sempre un piacere leggerti!
Hai titoli troppo forti, creano troppe aspettative.
grazie Miss, restiamo vicini in questo periodo di sconforto 🙁
sei tu che stai troppo in alto