ognuno ha un festival di sanremo dentro di sé che non vede l'ora di raccontare al prossimo

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Anche quelli più sottotono come me non aspettano altro che capiti l’occasione per vantarsi del Sanremo che hanno dentro. Ma come, sei stato a Sanremo? già vi sento chiedere. Sì, diciamo che da buon ligure (come molti dei miei lettori, cioè voi) ci sono passato e mi ci sono fermato più volte. E se intendete al Festival della canzone italiana vi rispondo idem. La prima volta ho dato la caccia ai Depeche Mode ospiti con Stripped, tutti dicevano di aver visto il cantante completamente fatto o addirittura in overdose in un vicolo della città vecchia ma non è mai stato provato. La seconda ho fatto la posta agli Smiths in procinto di presentare un vistoso playback, erano i tempi di “The world won’t listen”. Invece dentro l’Ariston non ci ho mai messo piede, ma non è detto che accada, prima o poi.

In compenso ho fatto parte della line up di un celeberrimo “Controfestival” nel 95 o giù di lì, organizzato sul lungomare di Sanremo in concomitanza della versione mainstream della manifestazione. C’erano persino i 99posse con Luca Persico, meglio conosciuto come ‘O Zulù, che sceso dal furgone aveva subito messo mano a un cellulare di prima generazione, roba che ai tempi solo la gente di un certo livello poteva permetterselo. Durante il soundcheck – erano in tour con i Bisca, se non sbaglio – aveva fatto la sua prova microfono con una serie di gorgheggi da muezzin gridando “la finanziariaaaaa” perché probabilmente anche in quell’anno i problemi della politica italiana non erano molto diversi da quelli di oggi (ma nemmeno da quelli dell’altro ieri).

Io ero all’esordio con un gruppo che mi aveva appena assoldato raccogliendomi praticamente dalla strada, e malgrado ci fossero centinaia ma anche forse un migliaio di persone come pubblico, già al primo pezzo avevo riconosciuto le grida di incoraggiamento nei miei confronti lanciate dai miei più cari amici che erano venuti apposta a supportarmi e si erano piazzati sotto il palco, in primissima fila. Mi ero commosso, sapete? Tra le altre band avevano suonato gli A.F.A o Acid Folk Alleanza, i veri buongustai della musica di quel periodo se li ricordano eccome.

L’ultima esperienza con Sanremo invece riguarda la celebre corsa ciclistica che ha lì la meta dopo la partenza da Milano. No, non ho mai coperto una distanza così ampia in bici, impresa che lascio a mio cognato che in bici da Milano è pure andato a Lourdes. E il festival non c’entra perché la gara si tiene il 19 marzo. Quella volta, non appena l’ultimo degli atleti in gara aveva tagliato il traguardo – era la Milano/Sanremo del 1988 – io avevo dato il la a un personaggio che mi vergogno persino a presentarvi che, insieme a me sul palco di un celebre hotel rivierasco tutto addobbato con la tipica flora locale, aveva offerto a un pubblico di cariatidi tutto un repertorio di canzoni in dialetto, con il sottoscritto al pianoforte e altri tre/quattro musicisti ad accompagnarlo. Questo perché Sanremo è davvero Sanremo. Vi lascio con un poesia che mi è venuta spontanea mentre rileggevo questo post: ognuno ha un Festival di Sanremo dentro di sé che non vede l’ora di raccontare al prossimo, trafitto dal televoto. Ed è subito l’ultima sera. Quella della finale.

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