Benché quella di ripartire da zero, anzi, da uno con gennaio sia solo una convenzione, trovarsi tra le mani un inizio di qualcosa con tutte quelle pagine bianche davanti da sempre è fonte di stimolo per l’umanità per progetti da suddividere in trecentosessantacinquesimi o giù di lì, in anni come questo che, manco a voler far la rima apposta, è bisesto. Sembra ieri che prendevamo accorgimenti per non innaffiare la tovaglia stappando il Berlucchi volgendo al termine di un conto alla rovescia e oggi siamo già qui a risvegliarci che invece è già ieri l’altro. Ma questo, si sa, è un procedimento irreversibile. Così ci siamo inventati modi per vedere l’anno nuovo dalla parte della copertina o, per usare la metafora del tempo come un’arma a nostro vantaggio e a farlo ricordatevi che siamo solo noi, i Rolling Stones e Matteo Renzi, dalla parte del manico pronti a sferrare fendenti al futuro dall’alto di visioni di insieme. Chiamateli buoni propositi, chiamatelo giro di boa, chiamatela vita nuova. Ieri mattina sono uscito all’alba per portare a termine i primi dieci km di corsa dell’anno nuovo ma, guardando bene in giro, non era cambiato nulla ma poi ho capito. Il cambiamento era avvenuto per una piccola parte, il nuovo si era svelato solo per quelle poche ore già trascorse del duemilasedici. Vedremo quindi se davvero abbiamo dato un nuovo corso alla nostra vita solo tra dodici mesi, al termine di una sorta di abbonamento annuale incrementale a qualcosa che non sappiamo nemmeno noi bene cosa. Mi sono venute così in mente tutte quelle persone che mettono in rete foto di sé ma in piccoli dettagli, volta per volta, in un processo di auto-rivelazione frutto di un diffuso contrasto interiore tra la smania di mostrarsi e il pudore di non ritenersi così aventi diritto. Un po’ perché magari non si piacciono, o per non svelare i propri connotati, o magari perché si sa, una volta on line tutto diventa di dominio pubblico e la propria identità di un istante che finisce non appena incominciato e codificata irreversibilmente in una manciata di bit a disposizione dell’eternità è un concetto il cui valore etico ci fa ancora riflettere. Meglio dare in pasto al voyeurismo collettivo un polpaccio, una spalla, l’occhio con arcata sopraccigliare annessa, le labbra voluttuose, il nuovo taglio di capelli con il viso coperto dal dispositivo con cui ci si fa la foto, la scarpa fetish o il maglione da prima elementare. Tutti particolari perfetti di noi che conferiscono l’illusione che tutto il resto che rimane nascosto di quell’istante sia all’altezza di ciò che facciamo vedere. Sarebbe quindi un ottimo proposito quello di unire le due cose e mettere a disposizione dell’umanità che usa i social network ogni giorno una tessera del puzzle di noi tale da permettere al pubblico, a ridosso del veglione del prossimo capodanno e in una delle innumerevoli operazioni di bilancio in cui si ripercorrono in una sintesi gli ultimi dodici mesi, una visione completa esaustiva dell’insieme di ciò che siamo stati, un fotomontaggio del meglio del nostro corpo anima inclusa in ogni giorno che abbiamo trascorso, in un’inusitata visione di noi stessi come insieme di particolari scelti lunga un anno. Ecco, questo per me oggi è il dettaglio 2/366, ora tocca a voi.
Il mio primo dettaglio sono gli occhiali da lettura ormai indispensabili per leggere i tuoi post su ‘sto schermo di smartcoso
L’anno scorso ho usato un calendario del 2009 che andava benissimo salvo la pasqua e altri dettagli inutili. Adesso col bisesto si complica, guarderò nella collezione di calendari ma dubito.
benvenuta nel club della mezza età
oppure il 29 febbraio puoi far finta di niente
Grazie. Ti dirò che non ci sto poi così scomoda